Giovanni Sartori
sabato 23 febbraio 2008
Il giovanilismo programmatico di Walter
Giovanni Sartori
Disoccupati intellettuali
Fatevi sotto, studenti d'Europa
Cosa ne pensano gli studenti universitari dell’Unione Europea? O meglio, come la vorrebbero? Sarà possibile capirlo, almeno in parte, grazie al concorso “Europa e Giovani 2008” indetto dall’Istituto Regionale di Studi Europei del Friuli Venezia Giulia (Irse), che permetterà agli universitari (con meno di 27 anni) di tutta Europa - oltre che agli studenti delle medie superiori, inferiori e delle elementari – di cimentarsi nella stesura di elaborati originali su tematiche “europee”. Gli scritti, che per gli universitari e i neolaureati non dovranno superare i 20.000 caratteri (spazi inclusi), potranno essere inviati entro e non oltre il 22 marzo 2008 presso la sede dell’Irse a Pordenone (per maggiori informazioni consultare il sito http://www.culturacdspn.it/). Diverse le tracce proposte: dall’E-government alla ricerca scientifica comunitaria, dalle radici storiche dell’Unione alla vita dei lavoratori precari europei, fino alle differenze tra le università dei singoli stati membri. In palio premi in denaro da un minimo di 300 a un massimo di 600 euro. Che aspettate, allora? Fatevi sotto, studenti d’Europa.venerdì 22 febbraio 2008
COUS COUS, un'esplosione di vita
Ma quale moratoria?
Piero Ostellino
Superdelegati decisivi?
mercoledì 20 febbraio 2008
The Times They're A-Changin'
Ariel Kaminer, Internazionale n. 730
lunedì 18 febbraio 2008
(In)giustizia infinita
Presente, passato e futuro
Aumentano gli studenti (italiani) all’estero
“Dagli imprenditori che sempre più numerosi stanno spostando i propri interessi produttivi e soprattutto commerciali sui mercati internazionali ai tanti giovani che scelgono di intraprendere il proprio percorso di studio e di lavoro al di fuori dai confini patri”, si legge nell’ultimo rapporto Censis per l’anno 2007, “la sensazione che emerge è che flussi sempre più consistenti di italiani stiano ormai indirizzando e riorganizzando le proprie strategie di sviluppo, di business, di investimento all’estero”. E per quanto riguarda in particolare gli studenti universitari? Secondo il suddetto rapporto, ben 38.690 studenti italiani si sono iscritti, nel 2006, in atenei stranieri, prevalentemente in quelli tedeschi (19,9%), austriaci (16,1%), inglesi (13,7%), svizzeri (11,6%), francesi (10,4%) e statunitensi (8,8%). Sul fronte della mobilità internazionale Socrates/Erasmus, invece, nell’anno accademico 2005-2006 sono stati 16.389 gli studenti universitari italiani – provenienti da facoltà linguistiche (19,7%), sociali (13,5%), economiche (10,4%) e ingegneristiche (10,2%) - che hanno usufruito di borse di studio. Non a caso l’Italia si è attestata al quarto posto – dopo Francia, Germania e Spagna – tra le nazioni da cui sono partiti più studenti Erasmus. Ben 92.010, dal 2001 al 2006, solo nel Belpaese. Addio (ritardato) alle lunghe file in segreteria
I servizi telematici offerti dalle università italiane – prenotazione online degli esami, immatricolazione via web, comunicazioni circa eventuali cambi d’orario delle lezioni – sono davvero un valore aggiunto per gli studenti universitari italiani? O sarebbero meglio le vecchie e lunghe file in segreteria? Di certo, almeno quando ci sono, i servizi telematici sarebbero ben graditi dagli studenti, soprattutto quando permettono di sbrigare alcune pratiche burocratiche da casa propria, senza dover andare per forza in facoltà. Ma ci sono, alla fin fine, questi servizi? E’ quello a cui ha cercato di rispondere un sondaggio realizzato da Studenti.it. I risultati son questi: per il 51% degli intervistati “è possibile iscriversi, pagare le tasse, registrarsi agli esami e contattare i professori, tutto online”; per il 27% “sono disponibili solo alcuni servizi online”; per il 14%, invece, “ci sono servizi online ma non funzionano”; il 6%, dulcis in fundo, lamenta la mancanza totale di servizi online nei propri atenei. Per questi ultimi, a quanto pare, la fila in segreteria sarà ancora la prassi. Ma per quanto tempo ancora?L’Università “sotto zero”
Qual è l’università più a nord del pianeta Terra? Di certo la University Centre of Svalbard in Norvegia, sita a Longyearbyen, capoluogo di 1500 abitanti dell’arcipelago delle Svalbard, sotto il circolo polare artico. Pensate che ospita ben 300 studenti da tutto il mondo, permettendo loro di studiare sul campo gli effetti (catastrofici) che il riscaldamento climatico sta avendo sull’ambiente. Ma non crediate che la vita accademica, lassù, sia una passeggiata. Anzi. Basti pensare che due volte all’anno è obbligatorio seguire addirittura dei corsi di sopravvivenza, ad esempio per imparare a curare le lesioni da congelamento oppure per evitare spiacevoli incontri ravvicinati con gli orsi polari. Proprio per questo ogni studente deve avere un fucile personale. L’università è gratuita, ma l’inverno (sempre al buio) dura quattro mesi. Per non parlare delle temperature proibitive fino a 50 gradi sotto zero. Stipendio d’oro per Martin Amis
Se un’università assumesse professori prestigiosi, di certo la sua attrattiva nei confronti degli studenti crescerebbe non poco. Ma è anche vero che i suoi bilanci (magari già in passivo) si assottiglierebbero ancor di più. Basti pensare, ad esempio, all’Università di Manchester, che ha assoldato come professore di scrittura creativa lo scrittore Martin Amis per la bellezza di 3 mila sterline (circa 4 mila euro) l’ora. Per un totale di 28 ore, durante le quali l’autore dovrà tenere 12 seminari post-laurea, quattro lezioni pubbliche e una conferenza per il periodo estivo. C’è da dire, a onor del vero, che anche grazie all’apporto di Martin Amis, il numero degli studenti di scrittura creativa – a fronte di un costo per l’iscrizione pari a 3 mila sterline – è cresciuto da 100 a 150. Ma lo sapete che l’ateneo inglese, per ovviare ai problemi di bilancio, ha deciso però di tagliare 600 posti di lavoro?Alla ricerca dei pensieri altrui
Vi piacerebbe leggere i pensieri di altre persone, magari per saperne il giudizio – si spera positivo – che hanno su di noi? Forse, a pensarci bene, sarebbe meglio rimanere nel dubbio, anche perché, oggi come oggi, quel sottile velo di mistero non ci ha ancora tolto il gusto di conoscere nuova gente con cui scambiare quattro chiacchiere. E se vi dicessero, invece, che i ricercatori della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, con l’ausilio di uno scanner e di un computer, hanno trovato il modo di scoprire a cosa sta pensando il nostro cervello? A dire il vero, però, le ricerche sono ancora ai primi passi. Infatti, secondo quanto riferisce il Daily Mail, i ricercatori americani sono riusciti soltanto a carpire i pensieri in risposta ad alcune immagini di edifici ed utensili. “Speriamo”, ha dichiarato la studiosa Svetlana Shinkareva, “di poter identificare non soltanto i pensieri associati a immagini ma anche quelli connessi prima a parole e poi a frasi”.domenica 17 febbraio 2008
Un amore sul Mississippi
Sei cresciuta in palude, insieme ai coccodrilli e a tuo fratello, mi hai detto che tuo padre ha tre fucili, ma ormai ho un cuore di trenta chili e posso anche farmi sparare…
E io ho comperato un cappello di paglia e una cravatta con le farfalle disegnate… E poi ti ho portato una collana con tutte le perle in fila indiana, la più bella di New Orleans.
E proprio adesso che mi mostri un sorriso, la radio parla di questo cielo che diventa sempre più cupo, e proprio adesso che tieni stretta la mia mano, abbiamo appena il tempo di radunare tre “stracci” e scappare…
E adesso che canzone ti canto, che la chitarra se l’è portata via il fiume, e adesso che canzone ti suono, che la mia tromba l’ha spazzata via il vento, le nostre lacrime sul Mississippi sono difficili da far vedere, le nostra urla dentro l’uragano e queste assenze da lasciar tacere, e come mai piovono aghi da lassù e siamo bambole voodoo trafitte in ogni punto ormai… e tu smettila di piangere amore mio, ti terrò sempre per mano… e ti riporto a New Orleans…
E ritornerà il Carnevale e la paura resterà sul fondo del fiume, e poi la canzone che ho cantato adesso è un fiore soffocato, ma la magnolia lo riavrà…
E io ho un tatuaggio col tuo nome, l’ho fatto alla festa dei cajun, e tu la mia canzone l’hai imparata e non l’hai dimenticata, neanche adesso sotto i tuoni…
E proprio adesso che mi mostri un sorriso, la radio parla di questo cielo che diventa sempre più cupo, e proprio adesso che tieni stretta la mia mano, abbiamo appena il tempo di radunare tre “stracci” e scappare…
sabato 16 febbraio 2008
A proposito di LOST
"Sanzionare Lost è come multare una casa editrice per aver pubblicato Dostoevskij o Dickens (scrittori di forte impatto emotivo, anche per un pubblico di minori). Siamo di fronte al ridicolo. I criteri seguiti sono quanto meno rozzi e meccanicistici, dimostrano scarsa competenza, probabilmente alcuni membri della commissione si occupano di una materia che non conoscono a fondo. Lost è una botola per sfuggire a quella tv e a quel cinema unificati nel grossolano. Lost è un capolavoro".
Wherever You are, dear Tiziano
Credo che c'è una vita unica, che ho sentito così forte seduto sui contrafforti dell'Himalaya. La vedevo in un maggiolino, nelle formiche, nei fili d'erba, negli stupendi alberi di deodar. E quella vita che circolava lì era anche la mia. Per cui, quando la vita di questo corpo finirà, continua la vita, continua la vita...Tiziano Terzani
venerdì 15 febbraio 2008
Il mistero di una morte
Un uomo tutto d'un pezzo
La forza della Ragione
lunedì 11 febbraio 2008
Separazione consensuale
Paolo Mieli, Corriere delle Sera
La speranza dell'amore
domenica 10 febbraio 2008
I sommersi e i salvati
Zvi Kolitz, La tigre sotto la pelle
L'ultimo articolo
giovedì 7 febbraio 2008
I now walk INTO THE WILD...
mercoledì 6 febbraio 2008
La scuola
Gian Antonio Stella, Corriere della Sera (6-2-2008)
martedì 5 febbraio 2008
Il teatrino della politica
...una legislatura tragica e ridicola, drammatica e insensata, di buone volontà e esasperanti furbizie, di virtuosi risparmi e sventurati sprechi. E chiusa come si doveva chiudere. Con quello svenimento in diretta dell'ex mastelliano Stefano Cusumano, crollato su un fianco tra gli insulti e gli sputi come l'avesse fulminato Giove pluvio. Un colpo di teatro perfetto, per un teatrino.
Un tuffo nel passato
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lunedì 4 febbraio 2008
Immigrazione - punti di vista
Qualche tempo fa, con altri amici dell'Università LUMSA, nell'ambito del corso di Editoria multimediale del professor Paolo Liguori, girammo per le strade di Roma un breve video inerente il problema dell'immigrazione. Eccone il risultato...
La mano visibile
Loretta Napoleoni su Internazionale n. 728
Italia cattiva maestra?
Parola di Israeliano
sabato 2 febbraio 2008
Lady di ferro?
L'inglese. Nuove lezioni semiserie
Chi non si è posto ancora il problema dell’inglese? Mi spiego: chi non sente la necessità, oggi come oggi, dove (quasi) tutti parlano la lingua degli anglosassoni, di imparare un idioma tanto semplice quanto ricco di sfumature? Insomma, per chi avesse questo desiderio inconfessabile, quello di saper parlare l’inglese, il libro di Beppe Severgnini – L’inglese. Nuove lezioni semiserie – è altamente consigliato. Ma ad una condizione, come ci avverte fin dall’inizio l’autore: quella di sapere che “l’inglese è una lingua che non si ama. Si usa”, per citare un pensiero del filologo americano Stuart B. Flexner. D’altra parte, ci tiene ad evidenziare Severgnini, i “nuovi analfabeti sono coloro che non conoscono l’inglese”. Come dire: uomo avvisato, mezzo salvato. C’è da dire, però, che il libro del giornalista del Corriere della Sera è quanto di più lontano ci possa essere da un’asettica grammatica pronta a snocciolarci tutte le regole (grammaticali, appunto) da rispettare. Anzi, proprio nello spiegarcele, queste regole, Beppe Severgnini si serve della sua istrionica indole da scrittore, utilizzando niente di meno che numerosi titoli di film per farci capire i principali “diktat” della grammatica inglese. Oppure, a fronte della sua lunga esperienza di corrispondente dagli Stati Uniti e dal Regno Unito (tra l’altro è stato anche collaboratore dall’Italia per il prestigioso The Economist), ci consiglia di imparare l’inglese anche, e soprattutto, dalle canzoni d’oltreoceano, magari cercando di tradurne i testi in italiano. Per la serie: come unire l’utile al dilettevole. In fondo, ci spiega Severgnini, “se parlare inglese bene è difficile, e parlarlo come un inglese praticamente impossibile, farsi capire è uno scherzo. Ad una condizione: non bisogna avere rispetto per la lingua che studiamo, almeno all’inizio. Se gli inglesi inorridiscono, peggio per loro. Gli americani, di sicuro, sorrideranno”. Quindi, fatevi sotto italiani alle prime armi, desiderosi di viaggiare all’estero con la speranza di farvi capire non solo a gesti ma anche a parole, magari pronunciate in un inglese un po’ sgrammaticato. E non disperate: tanto, come scrisse il poeta inglese George Herbert, “gli occhi parlano ovunque la stessa lingua”. Quello che gli inglesi non dicono
Beppe Severgnini, L'inglese. Nuove lezioni semiserie
venerdì 1 febbraio 2008
Un paese bello e inutile
Mi è capitato di leggere il blog di Beppe Grillo, qualche giorno fa, e ci ho trovato, con mio grande piacere, un video tratto dall'indimenticabile film di Marco Tullio Giordana La meglio gioventù, che quando lo vidi la prima volta mi fece tanto emozionare. Guardatela anche voi, questa scena, che tratteggia un'Italia bella e inutile dalla quale sarebbe meglio fuggire per lidi più floridi di opportunità. Cos'è rimasto di quella gioventù, e di quei sogni universali di libertà e di scoperta? Ancora molto, direi: compreso lo stato pietoso del nostro paese.
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