E' morto il grande musicista afroamericano Gil Scott-Heron. Nemmeno un anno fa, in un parco di Harlem, a New York City, ebbi la fortuna di vedere un suo concerto. Addio Gil!
I was born here and I’ll die here against my will I know it looks like I’m moving, but I’m standing still Every nerve in my body is so vacant and numb I can’t even remember what it was I came here to get away from Don’t even hear a murmur of a prayer
But I don't, I don't know what that will be I'll get back to you someday soon you will see What's my name, what's my station, oh, just tell me what I should do I don't need to be kind to the armies of night that would do such injustice to you
Quale titolo dare a questo mio nuovo post? Me lo son chiesto più e più volte tornando indietro con i ricordi al bellissimo viaggio di una settimana in terra irlandese (dal caro amico Giuseppe), e alle inaspettatamente sorprendenti vacanze pasquali nella mia Salerno tra mangiate sfiancanti ed escursioni in montagna davvero indimenticabili. Alla fine ho deciso di intitolare questo post Viaggi e Miraggi, dal titolo di una canzone di Francesco De Gregori, anche con un occhio al futuro che mi aspetta nei prossimi mesi, tra esami, stage, e si spera – appunto - tanti altri viaggi e miraggi in terra straniera. All’inizio avevo pensato ad un altro titolo: Forever Young around the World. Perché? Perché ogniqualvolta supero i confini italiani mi sento più libero e fiducioso, a tratti anche più giovane. Così mi sono sentito durante una intensa settimana pre-pasquale nel sud dell’Irlanda, per la precisione a Cork dove il mio amico Giuseppe sta lavorando alla Amazon.
A Cork, una città non particolarmente affascinante, ho conosciuto ragazzi e ragazze da tutto il mondo: Francia, Spagna, Irlanda, Polonia, Norvegia, Australia e anche Italia. Con alcuni italiani, amici di Giuseppe, ho legato molto sentendomi da subito parte di un gruppo umile e coraggioso. Coraggioso per aver abbandonato una Italia troppo spesso avara nei loro confronti, una Italia che li ha costretti a fuggire altrove per un lavoro e uno stipendio dignitosi. Ho avuto modo durante questa settimana di rispolverare il mio inglese, di esprimere con una lingua che non è la mia, ma che sento sempre più come la mia, riflessioni e stati d’animo di un 26enne un po' stanco di vivere in Italia. Forse sarà solo un mio problema e non solo della mia amata, odiata Italietta bella ma inutile. Forse sarà il mio continuo recriminare contro un destino che non ha voluto farmi realizzare qualche anno fa il sogno di un Erasmus in terra danese. Sta di fatto che in Irlanda mi sono sentito di nuovo, e per pochi giorni, davvero libero e felice, forse anche troppo. A volte penso che questi viaggi mi facciano più male che bene, facendomi tornare in Italia ogni volta con un bagaglio di ricordi ed esperienze così intensi da non poter essere ripetuti a Milano, dove sto concludendo l’ultimo passo della mia lunga e stanca carriera universitaria. In Irlanda ho riso, ho pianto, ho ballato, ho mangiato, ho bevuto, ho viaggiato da Cork fino all’estremo occidentale dell’Irlanda.
A Galway e alle Cliffs of Moher, ho respirato un’aria di libertà come poche volte mi è capitato di respirare nel corso della mia vita. Un’aria che subito mi è sembrata mancare sulla strada di casa, mentre mi accingevo a malincuore a lasciare Cork durante un party multiculturale a base di hamburger, birra e salsiccia per andare a prendere un aereo per l’Italia, direzione Milano. Sono ripartito con le lacrime agli occhi nella consapevolezza di lasciare in Irlanda quel pezzo di vita Erasmus vissuto così in fretta e intensamente, e nella speranza che questa neverending week in terra irlandese non possa mai sbiadire dal cassetto dei miei ricordi del cuore. Di ritorno in Italia, a Milano, son subito (fortunatamente) tornato a Salerno per Pasqua. E mai avrei immaginato che lì mi stavano aspettando due giorni emozionanti come quelli trascorsi insieme a dei cari amici di vecchia data, prima in Costiera Amalfitana e poi sul Terminio.
A riguardare le splendide foto scattate sul Sentiero degli Dei, che da Bomerano porta a Nocelle fino a Positano, e sulla cima del Terminio (1.800 metri scalati non così facilmente vista la tanta e inaspettata neve incontrata per strada), capisco di essere un ragazzo molto fortunato. Per avere un gruppo di amici davvero speciale e mai scontato, per vivere accanto ad una natura invidiata in tutto il mondo a pochi passi da casa mia, e per aver realizzato a 26 anni tanti di quei sogni che 50 anni fa i nostri genitori potevano soltanto immaginare. Uno dei miei migliori amici ha scritto: “Noi siamo ragazzi fortunati e consapevoli, se anche dovessimo morire a 50 anni, di esserci goduti la vita e la libertà, e di aver fatto della felicità e dei sogni la nostra bandiera”. Ben detto, blood brother: ci vediamo a Oslo, nella nostra promised land norvegese, per un altro weekend da leoni in terra straniera col cuore sempre e comunque italiano.
L'estremo è ricerca. Del limite da superare, della meta più lontana che un uomo può proporsi di raggiungere. E, una volta che l'ha raggiunta, l'estremo diventa un ulteriore limite, una meta ancor più lontana (Patrick De Gayardon)
Se una persona non ha più sogni, non ha più alcuna ragione di vivere. Sognare è necessario, anche se nel sogno va intravista la realtà. Per me è uno dei principi della vita (Ayrton Senna)
Un autore, quando è disinteressato e appassionato, è sempre una contestazione vivente. Appena apre bocca contesta qualcosa al conformismo, a ciò che è ufficiale, a ciò che è statale, a ciò che è nazionale, a ciò che insomma va bene per tutti. Quindi, non appena apre bocca, un artista è per forza impegnato, perché il suo aprire bocca è scandaloso sempre (Pier Paolo Pasolini)
Sicuramente ho paura della morte, non tanto della mia, quanto della morte che ci sta attorno, lo scarso attaccamento alla vita di molti nostri simili. Io ho paura di quello che non capisco, e questo proprio non mi riesce di capirlo (Fabrizio De Andrè)
La poesia va e viene quando vuole lei, non quando vogliamo noi. Un po' coma la vita, soprattutto come l'amore (Goffredo Parise)
Ai maestri della filosofia facile e del sociologismo da strapazzo, ricordiamo la realtà di un mestiere che resta individuale, duro, artigianale (Walter Tobagi)
Tutto il problema della vita è dunque questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con gli altri (Cesare Pavese)