mercoledì 31 dicembre 2008

My Christmas library 2008

Adoro, a Natale, farmi regalare diversi libri. Credo sia il miglior dono che si possa ricevere, e anche fare. Questa la mia Christams library 2008, da divorare al più presto:

1) Dopo lunga e penosa malattia di Andrea Vitali (già letto, e anche recensito)
2) Cattedrale di Raymond Carver
3) La ragazza dai capelli strani di David Foster Wallace
4) La via dello Zen di Alan W. Watts
5) Anatomia dell'irrequietezza di Bruce Chatwin
6) Refusi. Diario di un editore incorreggibile di Marco Cassini
7) Italians di Beppe Severgnini (lo sto leggendo ora)

Saviano e Obama, voci del 2008

Il programma di Radio3 dedicato ai libri, Fahrenheit, ha lanciato un sondaggio sui suoni e le voci più rappresentative del 2008. In lizza abbiamo l'emergenza rifiuti, Roberto Saviano che fa i nomi dei camorristi ancora latitanti, la crisi economica che ha sconvolto tutto il pianeta globalizzato, il padre di Eluana Englaro che spiega le ragioni della sua difficile scelta, lo scrittore Mario Rigoni Stern, l'attentato terrorista a Mumbay, l'Onda degli studenti e l'indimenticabile Yes, we can del neopresidente americano Barack Obama. Io voto per Saviano e Obama, due voci tanto lontane quanto vicine per lo stesso, immenso coraggio civile che ispira le loro parole e i loro pensieri.

martedì 30 dicembre 2008

Neil Young - One of these days

One of these days,
I'm gonna sit down and write a long letter
to all my good friends I've known.
One of these days, one of these days,
one of these days, and it won't be long.

lunedì 29 dicembre 2008

Cinema alla radio

E' sempre bello scoprire cose nuove. Mi è capitato in questi giorni di festività natalizie con la mitica Radio3, che ogni giorno riesce a sorprendermi con programmi culturali di prima qualità, su tutti Fahrenheit dedicato al mondo dei libri. Ma anche Hollywood Party, che ogni domenica ripropone un classico del cinema da sentire alla radio, non è niente male. L'ultima puntata era dedicata allo splendido Amarcord di Federico Fellini. Certo che ascoltare un film è davvero strano, senza poter vedere nemmeno un'immagine, ma il fascino dei suoni è altrettanto suggestivo. Devo ammettere di essermi commosso quando ho potuto (solo) ascoltare l'indimenticabile scena del passaggio del transatlantico Rex. Mi sono sentito un po' come il personaggio cieco che chiede agli altri "com'è? com'è? com'è?". Guardare (e ascoltare) per credere.

Progetta il tuo stage in Europa

Avete in mente di allargare i vostri orizzonti, magari unendo l'utile al dilettevole? Provate a leggere un po' qui.

domenica 28 dicembre 2008

Revolutionary Road - La famiglia secondo Yates


"Non scrivo altro che della famiglia", disse Elizabeth Cox a Richard Yates, che stava aiutando la scrittrice per l'editing del suo primo romanzo "Familiar Ground". "Non c'è altro di cui scrivere", rispose Yates. E ora che sta per uscire nelle sale americane per DreamWorks, il prossimo 26 dicembre (in Italia, il 30 gennaio 2009), il nuovo film di Sam Mendes, ispirato proprio al capolavoro dello scrittore americano - Revolutionary Road - quella battuta di Yates sulla famiglia come fulcro dell'esistenza ci spiega tanto del suo autore, quanto del film che vede protagonista una delle coppie più belle della storia del cinema. Leonardo DiCaprio e Kate Winslet, gli indimenticati Jake e Rose di "Titanic".

La storia interpretata dai due attori nominati all'Oscar parla di una giovane coppia della middle class americana, Frank e April Wheeler, che cerca di realizzare i propri sogni in una società troppo conformista per le loro ambizioni giovanili. Ben presto, però, si vedranno intrappolati in un mondo fatto di illusioni tramutatesi in menzogne, facendo perder loro quel poco di speranza che li aveva tenuti in qualche modo uniti.

Nel bel trailer italiano, che è già possibile ammirare in attesa dell'uscita del film a gennaio distribuito dalla Universal Pictures, vediamo i due protagonisti parlare delle proprie ambizioni, lei aspirante attrice che non ha mai varcato i confini americani, lui speranzoso di "sentire le cose veramente", di viverle a pieno senza lasciarsele sfuggire di mano.

"Penso che tu sia la persona più interessante che abbia mai conosciuto", dice April a Frank, e l'amore tra i due cresce a poco a poco sullo schermo. La coppia decide così di trasferirsi in una grande casa lontani dalla città, per cominciare insieme a pensare alla famiglia e ai bambini che verranno. Il cambiamento è alle porte, "nulla è per sempre" dice Frank ad April nel momento in cui le loro vite sembrano svoltare in Revolutionary Road, la strada delle nuove occasioni cui aggrapparsi per non perdere la speranza. Ma ben presto, una volta che la routine quotidiana prende il sopravvento su ogni ora del loro tempo, quando tutto intorno sembra sin troppo perfetto, è proprio in quella apparente perfezione che si celano i semi della profonda insoddisfazione della coppia.

La vita è monotona, il lavoro insoddisfacente, le ambizioni di una volta ormai perdute nei meandri di un tempo che non tornerà più come la loro giovinezza. "Un uomo ottiene solo un paio di occasioni nella vita", si sente dire Frank, e "dopo un po' si ritrova a chiedersi come è diventato una seconda scelta". Sono più le occasioni perse che quelle sfruttate, e tra i due la felicità non sembra essere più di casa, le tensioni crescono, le ipocrisie sono nascoste ma presenti. "Dobbiamo essere uniti, è la nostra unica occasione", dice April a Frank, ma ci riusciranno davvero?

"Non voglio il successo, voglio lettori", confessò Richard Yates allo scrittore Andre Dubus. Ora il grande autore americano avrà anche degli spettatori, in attesa del film Revolutionary Road firmato dal regista premio Oscar (per "American Beauty") Sam Mendes. Non poco per un libro di culto nominato da Time tra i "100 Best Novels in English", che fece dire al drammaturgo Tennessee Williams: "Se nella letteratura americana moderna ci vuole qualcos'altro per fare un capolavoro, non saprei dire cosa".

mercoledì 24 dicembre 2008

Waiting for the Oscar...

A change is gonna come

Christian Rocca e Cataldo Intrieri ci spiegano perché "la vittoria di Obama non è giunta all’improvviso, non è stato un colpo di fortuna, è un successo conquistato quarant’anni fa, arrivato nella testa di una nazione, prima ancora che nelle urne, grazie alle sue musiche, ai suoi ritmi, alla sua anima". Come scrisse Sam Cooke, A change is gonna come.

Merry Christmas 2008

SOMEBODY TO STAND BY US...

lunedì 22 dicembre 2008

Aspettando i Golden Globe, con un occhio agli Oscar

La lunga corsa verso gli Oscar 2009 è appena iniziata. Ad aprire le danze delle nomination, come ogni anno, sono arrivate le candidature dei Golden Globe, i premi assegnati dall'associazione della stampa straniera, primo banchetto di prova per quei film che, molto probabilmente, si ritroveranno in gara anche alla serata più ambita, quella appunto degli Oscar. Vediamo nei particolari quali sono le opere e gli attori nominati.

Nella categoria "Miglior film drammatico", abbiamo Lo strano caso di Benjamin Button con un inedito Brad Pitt nel ruolo di un personaggio che invecchiando ringiovanisce; Frost/Nixon, la nuova pellicola di Ron Howard sullo storico "scontro" televisivo tra il giornalista britannico e l'ex presidente americano; Revolutionary Road di Sam Mendes, che riporta insieme sullo schermo la coppia DiCaprio/Winslet dopo il grande successo di Titanic; The Millionaire di Danny Boyle, che con una regia davvero coinvolgente segue la storia di un ragazzo povero di Bombay alla ricerca dell'amore perduto. In lizza anche il film sull'Olocausto The Reader, con una scabrosa Kate Winslet.

Per quanto riguarda, invece, la lista delle migliori commedie (o musical) in gara per i Golden Globe, da ricordare Burn after reading dei fratelli Coen, In Bruges con Colin Farrell, Mamma mia! con una straripante Meryl Streep, Vicky Cristina Barcellona dello "spagnoleggiante" Woody Allen e, dulcis in fundo, La felicità porta fortuna di Mike Leigh per il quale sentiamo di sbilanciarci a favore. Gara aperta anche per il miglior regista: Danny Boyle per The Millionaire, Stephen Daldry per The Reader, David Fincher per Lo strano caso di Benjamin Button, Ron Howard per Frost/Nixon e Sam Mendes per Revolutionary Road.

Veniamo poi al capitolo migliori attori e attrici, a dire il vero un po' confusionario. A differenza degli Oscar, infatti, da un lato abbiamo le performance di attori/attrici in film drammatici, e dall'altra le interpretazioni di attori/attrici in commedie (o musical). Nel primo caso, per quanto riguarda gli attori "drammatici", da sottolineare la presenza di Sean Penn per l'atteso film Milk di Gus Van Sant, dove l'attore interpreta il primo politico dichiaratamente omosessuale candidatosi negli Stati Uniti, in gara con Brad Pitt (Lo strano caso di Benjamin Button), Leonardo DiCaprio (Revolutionary Road), Frank Langella (Frost/Nixon) e il rinato Mickey Rourke, pugile in discesa nel film The Wrestler. Tra le attrici "drammatiche", invece, ci sono Anne Hathaway ("Rachel sta per sposarsi" di Jonathan Demme), Angelina Jolie ("Changeling" di Clint Eastwood), Meryl Streep (Doubt), Kristin Scott Thomas (I've loved you so long) e Kate Winslet (Revolutionary Road).

Per le migliori interpretazioni in commedie (o musical), tra gli attori abbiamo Javier Bardem (Vicky Cristina Barcellona), Colin Farrell e Brendan Gleeson (In Bruges), James Franco (Strafumati), Dustin Hoffman (Last chance Harvey). Tra le attrici, Rebecca Hall (Vicky Cristina Barcellona), Sally Hawkins (La felicità porta fortuna), Frances McDormand (Burn after reading), Meryl Streep (Mamma mia!) ed Emma Thompson (Last chance Harvey). Come attori non protagonisti, tra gli uomini sono stati nominati Tom Cruise e Robert Downey jr. (Tropic Thunder), Ralph Fiennes (La duchessa), Philip Seymour Hoffman (Doubt) e Heath Ledger (Il cavaliere oscuro). Tra le donne, invece, Amy Adams e Viola Davis (Doubt), Kate Winslet (The Reader), Penelope Cruz (Vicky Cristina Barcellona) e Marisa Tomei (The Wrestler).

In conclusione, apriamo una parentesi sui film d'animazione - in gara Bolt, Kung Fu Panda e il sorprendente Wall-E" - e sulle candidature per il miglior film straniero, che quest'anno interessa anche la nostra Italia cinematografica. Insieme a La banda Baader Meinhof (Germania), ad Everlasting moments" (Svezia/Danimarca), ad I've loved you so long (Francia) e a Valzer con Bashir (Israele), ci sarà il regista Matteo Garrone con Gomorrah, così tradotto oltreoceano dove si spera possa portare a casa, il prossimo 11 gennaio, l'ambito Golden Globe, con un occhio magari anche alla prossima serata degli Oscar. Incrociamo tutti le dita.

domenica 21 dicembre 2008

Listening to...Jim Boggia

Ne volete sentire altre? Cliccate qui, e buon ascolto.

Cercasi consigliere d'orientamento

Date un'occhiata a cosa fanno in Svizzera per guidare i ragazzi dalla scuola all'università fino al lavoro che svolgeranno da grandi. E non è detto che tutti debbano andarci, all'università. Spunti per una (vera) riforma?

IL FILM: Il giardino di limoni


Tanti alberi di limoni per sperare ancora una volta in una pace - quella tra israeliani e palestinesi - troppo proiettata in là nel tempo, nonostante le innumerevoli vittime innocenti da una parte e dall'altra della terra santa. A parlarcene è il regista Eran Riklis, nato a Gerusalemme, cresciuto tra gli Stati Uniti, il Canada e il Brasile, e diplomatosi alla National Film School di Beaconsfield, in Inghilterra. Lo fa nel suo nuovo film Il giardino di limoni, già vincitore del Premio del pubblico all'ultimo Festival di Berlino e con sette candidature (più un premio) agli Israeli Film Academy Awards.

Una pellicola che attraverso una storia semplice ci fa piombare nell'insensato conflitto israelo-palestinese, un conflitto che travolgerà la vita di Salma Zidane (interpretata da Hiam Abbas), vedova palestinese insediata in un piccolo villaggio della Cisgiordania, dove sarà costretta ad ingaggiare una battaglia giudiziaria con il ministro della difesa israeliano, da poco trasferitosi insieme alla moglie Mira vicino al suo giardino di limoni. Il servizio di sicurezza deciderà ben presto l'abbattimento di tutti gli alberi, troppo pericolosi per l'incolumità del politico israeliano. Ma la donna non si arrenderà così facilmente, pronta a combattere da sola per il proprio giardino, perché quegli alberi - piantati dal padre cinquanta anni prima - sono tutta la sua vita, la sua storia e il suo futuro. A difenderla interverrà un giovane avvocato, Ziad Duad, che porterà il caso della donna palestinese dinanzi alla Corte suprema di Israele.

Durante le ricerche per il film, dice il regista, "mi sono imbattuto in diversi processi di palestinesi contro lo Stato di Israele" e "mi è sembrato molto interessante che loro possano presentarsi davanti alla Corte Suprema: evidentemente il sistema giudiziario israeliano funziona". "La storia è semplice e racconta le vicende di persone che si ritrovano a combattere su questioni che potrebbero essere risolte più facilmente se solo ci si ascoltasse l'un l'altro", continua Eran Riklis, che ha reso il giardino di limoni il testimone privilegiato della follia di tutto il Medio Oriente. "Gli alberi, in fondo, sono sempre stati là a testimoniare quello che l'uomo stava facendo", osserva il regista israeliano, e il film, pur toccando tasti politici, "non è politico, parla di gente intrappolata nei lacci della politica, il ministro, sua moglie, l'avvocato, tutti intrappolati tra le loro vite e la situazione pubblica". E il crescente rapporto di solidarietà femminile che s'instaurerà tra Sama e Mima, la moglie del ministro, sta lì a mostrare la speranza del regista in una possibile pacificazione tra due personalità, una donna palestinese e una israeliana, come tra due nazioni destinate comunque a convivere, nel bene e nel male, in una stessa terra.

IL FILM: Si può fare


Si può fare di Giulio Manfredonia, presentato all'ultimo Festival Internazionale del Film di Roma, è la classica pellicola che non ti aspetti. Compri il biglietto, ti siedi in sala, ma mai e poi mai ti aspetteresti quello che alla fine della proiezione si può senza mezzi termini considerare proprio un buon film. Almeno questa è la sensazione dello spettatore dopo aver assistito ad una pellicola (italiana) genuina, simpatica e mai banale, malinconica e a tratti straziante. Già il titolo accattivante (Si può fare), a riecheggiare il famoso motto (Yes, we can) del neopresidente americano Barack Obama, sta lì a dimostrarci quanto la speranza e la creatività siano importanti nella vita per raggiungere i propri obiettivi.

Lo sa bene Nello (interpretato da un intenso Claudio Bisio), sindacalista alle prese – siamo agli inizi degli anni '80 - con un sindacato un po' retrogrado rispetto alle sue moderne idee circa l'importanza da dare, anche a sinistra, al libero mercato. Proprio per questo suo spirito indipendente verrà allontanato e costretto a lavorare in una cooperativa (per modo di dire) di malati mentali. In effetti nessuno sembra capace di fare alcun lavoro, ma Nello non si dà per vinto. Con tanta pazienza comincia a fare conoscenza con tutti i nuovi colleghi per iniziare a stimolarli alla sua maniera, trattandoli come semplici esseri umani. Così, riunione dopo riunione, dove ogni socio della cooperativa può liberamente fare le proprie proposte, si arriva a una decisione comune: tutti insieme decidono di cominciare a lavorare il legno. Nasce così l'"Antica Cooperativa 180" che ben presto si specializzerà nell'installazione di parquet molto originali grazie all'utilizzo del legno di scarto, e dando vita a composizioni irregolari davvero artistiche, frutto della sola immaginazione del gruppo.

Per la serie "Siamo pazzi, mica scemi", come poi dirà uno di loro, Luca, all'incredulo Nello. Ha inizio così un'avventura a tratti fiabesca in un universo a noi sconosciuto, quello dei malati di mente che dopo la legge Basaglia (con la chiusura dei manicomi) si ritroveranno soli in balia della propria schizofrenia. E grazie alla sensibilità del regista e degli sceneggiatori, nonché dello straordinario cast di attori, il tutto ci appare credibile anche se non tratto da una storia vera in particolare, avendo attinto informazioni da più vicende realmente accadute.

Un film in perfetto stile obamiano, dunque, a dimostrazione del fatto che quando il cinema italiano riesce a rappresentare la realtà con occhio spensierato, e senza le solite banalità tipiche dei cinepanettoni natalizi, è ancora un gran bel cinema.

sabato 20 dicembre 2008

Leggere per cambiare

Roberto Saviano ha tenuto una appassionata lezione agli studenti di Roma Tre, e lo scrittore Roberto Cotroneo ne ha scritto mirabilmente su l'Unità, ponendosi dalla parte di quei giovani, alcuni dei quali forse non hanno nemmeno letto Gomorra, asserragliati nell'aula magna dell'università. E Cotroneo, immedesimandosi in quei ragazzi vogliosi di un contatto diretto, più umano, con l'autore napoletano che ha osato sfidare la camorra con la sola forza della parola scritta, si chiede: "Perché se qualcuno scrive di questi orrori, questi orrori debbono permanere? Perché la letteratura non è salvifica, per una volta? E perché la scrittura non aiuta? Perché la denuncia non dà i suoi frutti? Perché Gomorra non ci ha liberati dal male, quasi fosse un libro sacro?". La risposta forse Saviano la conosce, "e lui, mentre lascia l’aula tra gli applausi, ormai lo sa, e sembra dirlo a tutti loro in silenzio. È un cammino lungo, fatto più di domande vere che di risposte. Per una platea che non sa quanto i libri non siano altro che domande senza risposte. Perché le risposte arrivano sempre dopo, e solo se i libri sono capaci di cambiarti davvero. Gomorra può essere uno di questi libri".

Non ci resta che ridere...

Sul sempre più disastrato Partito democratico dovremmo tutti quanti stendere un velo pietoso, ma in tempi già di per sé duri non ci resta altro da fare che riderci sopra. Come? Semplice. Provate a leggere quanto scrive su La Stampa Massimo Gramellini, che sa usare con rara arguzia la penna, a proposito della direzione del Pd: "Con le dimissioni di Sergio Chiamparino da ministro-ombra delle riforme, rassegnate polemicamente alla luce del sole e amichevolmente rientrate quando già erano calate le tenebre, stava per entrare in crisi il governo-ombra del presidente del Consiglio-ombra Walter Veltroni, altrimenti detto Ombrelloni. Non era mai successo nella storia dell’umanità che un governo-ombra rischiasse di cadere prima del governo vero, e questo conferma la novità del partito democratico, che riesce a prefigurare scenari politici ignorati persino dalle profezie di Nostradamus". Da non crederci, vero?

Mani pulite alla rovescia

Ripropongo l'attacco di un pezzo scritto da Giovanni Bianconi, pubblicato sul Corriere della Sera del 18 dicembre, a proposito della bufera giudiziaria che si sta scatenando sul mondo politico partenopeo. "Questa storia si può leggere come una Mani pulite alla rovescia", scrive il giornalista del Corsera, "perché quindici anni fa si scoprì che i politici comandavano sugli imprenditori, mentre ora sono gli imprenditori a dare ordini ai politici e li tengono al loro servizio". Continua poi Bianconi, riportando quanto scrivono nell'atto d'accusa i pm napoletani: "«Se l' indagine Mani pulite aveva portato alla luce un "sistema" in cui l'anello forte erano i rappresentanti della classe dei partiti tesi a soddisfare le loro "esigenze economiche", nella presente indagine si è potuto accertare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che sono costoro ad essere al soldo dell' imprenditore, il quale è colui che dirige la loro azione e che "detta" finanche la linea politica e programmatica che i rappresentanti dei partiti fedelmente attuano». Frasi che fanno, a dir poco, rabbrividire.

giovedì 18 dicembre 2008

Mi ha letto nel pensiero...

Sfogliando la rassegna stampa del giorno, mi imbatto in questo illuminante articolo di Lucia Annunziata su La Stampa, a proposito del ruolo che Di Pietro sta giocando nell'affondare pian piano le residue forze elettorali del Partito democratico. Inizia così, il pezzo: "E se fosse proprio Di Pietro il leader che gli elettori del Pd vorrebbero?". Una provocazione - è vero - ma di quelle che fanno pensare parecchio.

Person of the Year 2008

Quale parità tra uomo e donna?

Condivido in pieno quello che scrive Christian Rocca a proposito dell'equiparazione dell'eta pensionabile tra uomo e donna. La vera parità, come dice appunto il giornalista del Foglio, è questa: "...credo sia giusto che le donne abbiano diritto a un risarcimento alla fine della loro carriera lavorativa, non perché vittime della cultura maschilista eccetera, ma perché generalmente a un certo punto fanno figli e, a differenza degli uomini, se ne occupano e li crescono, rinunciando temporaneamente alla carriera. E prima di fare i figli, proprio perché potrebbero farli, tendono a fare meno carriera rispetto ai maschi che ora non hanno nemmeno l’impedimento del militare obbligatorio. Mi pare quindi giusto ricompensarle a fine carriera di quei tre o quattro anni dedicati a gravidanza e figli. Questa è la vera parità. Semmai alzerei l’età pensionabile a tutti, ma questa è un’altra cosa". D'accordissimo!

martedì 16 dicembre 2008

A Faber, dall'altra parte del vento

Esce, a 10 anni dalla morte di Fabrizio De Andrè, il cofanetto (con tre inediti) "Effedia - Sulla mia cattiva strada ". C'è anche il dvd dell'omonimo documentario di Teresa Marchetti, che ho avuto la fortuna di vedere in anteprima allo scorso Festival Internazionale del Film di Roma. A due lustri dalla scomparsa di Faber, però, vorrei ricordare anche il meraviglioso omaggio di Massimo Bubola - con l'album Dall'altra parte del vento - che potete ascoltare nel video.

Questa non la sapevo...

L'avevate sentita questa barzelletta su Dick Cheney, anche se sembra sbeffeggiare di più George W. Bush? “Mr. Cheney, com’è la vita da numero 2? Non so, chiedete a Bush”. Ne parla Christian Rocca, giornalista del Foglio, sul suo blog.

A proposito di W...

Una sola considerazione sull'amara visita in Iraq di Bush (l'ultima del suo mandato presidenziale): ha proprio dei riflessi da felino il nostro caro W. Guardate un po' qui. E' riuscito a schivare ben due scarpe lanciategli da un infuriato giornalista iracheno, che ora rischia sette anni di carcere, durante una conferenza stampa a Bagdad. E' la democrazia, bellezza!

lunedì 15 dicembre 2008

Che mondo sarebbe se...

Cosa vorrebbero trovare sotto l'albero di Natale gli italiani? Un libro, ci dicono i dati di un'indagine Findomestic, che va così a cozzare contro l'allergia ai libri tipica del nostro Paese, che ha un mercato della lettura inferiore di ben 15-30 punti rispetto a quello francese e spagnolo. Allora mi chiedo, in questi giorni natalizi: ma che mondo sarebbe se ognuno di noi regalasse ai propri cari soltanto un libro? Sarebbe un mondo diverso e più tollerante? Forse è solo una mia illusione, chissà...

Avanti il prossimo (camorrista)

Leggete questo "delizioso" (e a tratti disturbante) Dialogo semiserio fra un PM e un camorrista pubblicato sul blog collettivo Nazione Indiana. C'è molto da imparare per chi non l'avesse già fatto, e c'è anche molto da ricordare per chi invece avesse solo dimenticato a causa dei sempre più frequenti momenti di "amnesia" nazionale.

Saviano in Svezia tra i fantasmi del Nobel

"La differenza fra me e Rushdie è questa: lui condannato da un regime che non tollera alcuna espressione contraria alla sua ideologia; mentre laddove la censura non esiste ciò che ne prende le veci è la disattenzione, l'indifferenza, il rumore di fondo del fiume di informazioni che scorrono senza avere capacità di incidere". Lo scrive Roberto Saviano su La Repubblica ricordando ai propri lettori cosa si prova a parlare nella culla che, in passato, ha premiato grandi scrittori con l'ambito premio Nobel. Con lui c'era anche Salman Rushdie, che gli ha confidato: "Continua ad avere fiducia nella parola, oltre ogni condanna, oltre ogni accusa. Ti daranno la colpa di essere sopravvissuto e non morto come dovevi. Fregatene. Vivi e scrivi. Le parole vincono". Grazie Roberto, grazie Salman.

giovedì 4 dicembre 2008

For Pakistan's sake

Thomas Friedman ci ricorda, dalle colonne del New York Times, cosa accadde subito dopo la pubblicazione in Danimarca di alcune vignette satiriche su Maometto: grandi proteste in tutto il mondo musulmano, compreso il Pakistan. Si chiede allora Friedman: "Chi nel mondo musulmano, e in Pakistan, è pronto ora a scendere in piazza contro l'assassinio in massa di persone vere, e non di disegni, nella vicina Mumbai?". "Sto ancora sperando", prosegue l'editorialista americano, "in una grande dimostrazione della popolazione pakistana contro gli attacchi a Mumbai, nè per me nè per l'India, ma per il bene del Pakistan stesso". "Questo tipo di violenza omicida", conclude Friedman, "potrà finire solo quando tutto il Paese - le brave persone in Pakistan, compresa la comunità dei più anziani e dei leader spirituali che desiderano un futuro migliore per la loro nazione - dichiarerà, in quanto collettività, che coloro si macchiano di tali assassinii sono vergognosi miscredenti che non danzeranno insieme alle vergini in Paradiso ma bruceranno all'inferno". Parole sante!

di Thomas L. Friedman (The New York Times)

On Feb. 6, 2006, three Pakistanis died in Peshawar and Lahore during violent street protests against Danish cartoons that had satirized the Prophet Muhammad. More such mass protests followed weeks later. When Pakistanis and other Muslims are willing to take to the streets, even suffer death, to protest an insulting cartoon published in Denmark, is it fair to ask: Who in the Muslim world, who in Pakistan, is ready to take to the streets to protest the mass murders of real people, not cartoon characters, right next door in Mumbai? (...)
I am still hoping — just once — for that mass demonstration of “ordinary people” against the Mumbai bombers, not for my sake, not for India’s sake, but for Pakistan’s sake. (...)
We know from the Danish cartoons affair that Pakistanis and other Muslims know how to mobilize quickly to express their heartfelt feelings, not just as individuals, but as a powerful collective. That is what is needed here. Because, I repeat, this kind of murderous violence only stops when the village — all the good people in Pakistan, including the community elders and spiritual leaders who want a decent future for their country — declares, as a collective, that those who carry out such murders are shameful unbelievers who will not dance with virgins in heaven but burn in hell. And they do it with the same vehemence with which they denounce Danish cartoons.