domenica 21 dicembre 2008

IL FILM: Il giardino di limoni


Tanti alberi di limoni per sperare ancora una volta in una pace - quella tra israeliani e palestinesi - troppo proiettata in là nel tempo, nonostante le innumerevoli vittime innocenti da una parte e dall'altra della terra santa. A parlarcene è il regista Eran Riklis, nato a Gerusalemme, cresciuto tra gli Stati Uniti, il Canada e il Brasile, e diplomatosi alla National Film School di Beaconsfield, in Inghilterra. Lo fa nel suo nuovo film Il giardino di limoni, già vincitore del Premio del pubblico all'ultimo Festival di Berlino e con sette candidature (più un premio) agli Israeli Film Academy Awards.

Una pellicola che attraverso una storia semplice ci fa piombare nell'insensato conflitto israelo-palestinese, un conflitto che travolgerà la vita di Salma Zidane (interpretata da Hiam Abbas), vedova palestinese insediata in un piccolo villaggio della Cisgiordania, dove sarà costretta ad ingaggiare una battaglia giudiziaria con il ministro della difesa israeliano, da poco trasferitosi insieme alla moglie Mira vicino al suo giardino di limoni. Il servizio di sicurezza deciderà ben presto l'abbattimento di tutti gli alberi, troppo pericolosi per l'incolumità del politico israeliano. Ma la donna non si arrenderà così facilmente, pronta a combattere da sola per il proprio giardino, perché quegli alberi - piantati dal padre cinquanta anni prima - sono tutta la sua vita, la sua storia e il suo futuro. A difenderla interverrà un giovane avvocato, Ziad Duad, che porterà il caso della donna palestinese dinanzi alla Corte suprema di Israele.

Durante le ricerche per il film, dice il regista, "mi sono imbattuto in diversi processi di palestinesi contro lo Stato di Israele" e "mi è sembrato molto interessante che loro possano presentarsi davanti alla Corte Suprema: evidentemente il sistema giudiziario israeliano funziona". "La storia è semplice e racconta le vicende di persone che si ritrovano a combattere su questioni che potrebbero essere risolte più facilmente se solo ci si ascoltasse l'un l'altro", continua Eran Riklis, che ha reso il giardino di limoni il testimone privilegiato della follia di tutto il Medio Oriente. "Gli alberi, in fondo, sono sempre stati là a testimoniare quello che l'uomo stava facendo", osserva il regista israeliano, e il film, pur toccando tasti politici, "non è politico, parla di gente intrappolata nei lacci della politica, il ministro, sua moglie, l'avvocato, tutti intrappolati tra le loro vite e la situazione pubblica". E il crescente rapporto di solidarietà femminile che s'instaurerà tra Sama e Mima, la moglie del ministro, sta lì a mostrare la speranza del regista in una possibile pacificazione tra due personalità, una donna palestinese e una israeliana, come tra due nazioni destinate comunque a convivere, nel bene e nel male, in una stessa terra.

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