giovedì 25 marzo 2010

Il sogno di una cosa

Ancora non ci credo. Il 26 marzo mattina partirò per l'America, più precisamente per il Canada (a Montreal), da dove molto probabilmente raggiungeremo gli Stati Uniti, direzione Boston e New York. Come scrivevo, ancora non ci credo. Questo viaggio è nato all'improvviso, grazie ai miei due cari amici Nicola e Stefano, che da inizio anno stanno trascorrendo un periodo di studio proprio a Montreal.

Quale miglior occasione per andarli a trovare dall'altra parte dell'oceano Atlantico? Partirò per una vacanza di due settimane - dal 26 marzo al 10 aprile - approfittando di una pausa del master in giornalismo che sto frequentando dallo scorso ottobre all'Università Cattolica di Milano. Sarà la prima Pasqua che trascorrerò fuori da Salerno e lontano dalla mia famiglia.

Insieme a Nicola, Stefano e Giuseppe Conforti (con il quale partirò dall'aeroporto di Malpensa) avremo modo di realizzare così un sogno agognato sin dagli anni del liceo: visitare quella land of hope and dreams che ha dato forma ai nostri desideri più ardenti. Ora quei desideri si avvereranno, il sogno diventerà realtà, in attesa della prossima meta da raggiungere con la sola forza delle nostre utopie.

See you from Canada folks!

martedì 16 marzo 2010

domenica 14 marzo 2010

25 years old

May you grow up to be righteous

May you grow up to be true,

May you always know the truth

and see the lights surrounding you.

May you always be courageous,

Stand upright and be strong,

May you stay forever young.

venerdì 12 marzo 2010

Coast to Coast

Shutter Island, di Martin Scorsese

di Paolo Massa
Chi è il protagonista dell’ultimo film di Martin Scorsese Shutter Island? L’isola naturalmente, ma non intesa tanto da un punto di vista geografico quanto psicologico. L’isola è nella nostra testa, e soprattutto nella mente dell’agente di polizia Teddy Daniels (Leonardo Di Caprio), che incrociamo all’inizio del film mentre insieme al collega Chuck Aule (Mark Ruffalo) sta raggiungendo in nave l’isola di Shutter Island.

Qui c’è un manicomio di massima sicurezza per criminali violenti, e in seguito alla misteriosa scomparsa di una detenuta – colpevole di aver annegato in passato i suoi tre figli – sono stati chiamati proprio Teddy e Chuck a risolvere il caso. Come avrà mai fatto la prigioniera ad evaporare dalla sua cella senza lasciare nemmeno una traccia? Ma un indizio, l’agente Teddy Daniels, riuscirà a scovarlo. La donna ha lasciato un biglietto con sopra scritto: “Chi è il 67esimo prigioniero?”. Un messaggio a dir poco contradditorio visto che nel manicomio ci sono solo 66 pazienti, come preferisce chiamarli il dottor John Cowley (Ben Kingsley). Il mistero si scioglierà solo alla fine del film, dopo una lunga e contorta indagine condotta da Teddy Daniels alle prese – durante i giorni di soggiorno su quest’isola a tratti demoniaca – con forti emicranie e visioni legate a una tragica esperienza della sua vita passata.

Martin Scorsese gioca sul fascino oscuro dell’isola grazie ad una fotografia ben curata, a ricordare molto nei colori e nelle inquadrature l’espressionismo tedesco. Dopo le due ore di proiezione, però, la sensazione di aver assistito a un racconto un po’ troppo cerebrale, seppure originale nello stile, è forte. La catarsi finale, utile a slegare i tanti nodi del complesso intreccio narrativo, sembra dilungarsi eccessivamente caricando i toni e rischiando di confondere uno spettatore già di per se abbastanza sconcertato.

Da ammirare comunque lo sforzo di rinnovamento di un Martin Scorsese che – pur non abbandonando temi a lui cari, come la violenza e il conflitto interiore dei personaggi – ha rischiato nell’affrontare una sceneggiatura (tratta dal libro di Dennis Lehane L’isola della paura) ostica e di non facile appeal per le tematiche fortemente introspettive legate all’isola maledetta di Shutter Island.

giovedì 11 marzo 2010

Appuntamento con l'amore, di G. Marshall

Nell’anno di Avatar e del 3D, cinematograficamente parlando, possiamo affermare – dopo aver visto l’ultima pellicola di Garry Marshall, Appuntamento con l’amore (Valentine’s Day nella versione originale) – che esistono anche film a una dimensione. In che senso? Storie trite e ritrite, personaggi stereotipati e trame prevedibilissime. Si esce a dir poco sconsolati dopo aver assistito a un film che vuole celebrare il giorno degli innamorati intrecciando le vicende di personaggi tanto invaghiti dei loro partner da non accorgersi delle corna in arrivo. Le coppie a tratti scoppiano in questo film, altro che amore e cioccolatini. E per fortuna che l’happy ending non manca.

Possibile, poi, che non ci sia un minimo di verosimiglianza con la realtà, almeno nella scelta dei protagonisti? Tutti belli e affascinanti come non mai: da Jessica Alba a Jennifer Garner, da Jamie Foxx ad Ashton Kutcher, fino a Jessica Biel, Julia Roberts e Anne Hathaway. Una bella sfilata di figurine pronte ad immolarsi sull’altare di una commedia romantica tanto artificiosa quanto noiosa. A lungo andare, infatti, è impossibile resistere allo sbadiglio d’ordinanza che incombe sulle palpebre dello spettatore. A volte si ride - è vero - ma più per l’assurdità che per la comicità delle vicende narrate. Il film inizia con una serie imbarazzante di sequenze a letto – sì, avete capito bene – per presentare tutte le coppie protagoniste nel loro habitat naturale. È troppo chiedere un pizzico di originalità in più?

«In amore non si pensa ma si agisce», è il motto del film di Garry Marshall (lontano anni luce dalle sue performance come direttore di Pretty Woman). E infatti i personaggi sembrano non pensare affatto, se tutti fan la corsa a mandare fiori invece che portarli di persona: chi lo dice, poi, se arriveranno mai a destinazione? Sui titoli di coda l’impressione a caldo è una sola: l’amore secondo Gary Marshall è a immagine e somiglianza di un bordello. Soddisfatti o non rimborsati!

domenica 7 marzo 2010

Pronostici da Oscar

Migliore film
Avatar, di James Cameron
Migliore regia
Kathryn Bigelow, The Hurt Locker
Migliore attore protagonista
Jeff Bridges, Crazy Heart
Migliore attrice protagonista
Gabourey Sidibe, Precious
Migliore film straniero
Il profeta, di Jacques Audiard (Francia)

sabato 6 marzo 2010

Il cowboy innamorato

Bad Blake ha 57 anni suonati, beve troppo e ormai da parecchio non riesce più a comporre della buona musica. Un tempo era uno dei migliori cantanti country su piazza, ora è invece costretto dal suo manager a girovagare, tra bar e sale da bowling di terza categoria sparse nel nulla degli Stati Uniti, per racimolare un po' di soldi e sopravvivere nella speranza di incidere un altro disco. Magari insieme al suo allievo Tommy Sweet (Colin Farrell), che intanto è riuscito a sfondare nel mercato discografico proprio grazie agli insegnamenti del maestro.

Nei panni di Bad Blake - nel primo film diretto da Scott Cooper, Crazy Heart, tratto dal romanzo omonimo di Thomas Cobb - troviamo uno straordinario Jeff Bridges, quattro nomination agli Oscar mai andate a segno (e forse questa sarà la volta buona) e un Golden Globe come miglior attore ottenuto proprio grazie al suo ruolo di cowboy dell'amore. E in nome dell'amore ritrovato - incarnato da una giornalista locale di Santa Fe, Jean Craddock (Maggie Gyllenhaal), che in un'intervista a Bad scaverà dentro i suoi angoli più bui - il vecchio cantante sul viale del tramonto riuscirà a trovare una nuova speranza di vita al di là delle canzoni che, concerto dopo concerto, sono sempre le stesse.

Bad, infatti, non può voltare le spalle ai successi del suo passato musicale, che ancora gli danno qualche briciola di pane per tirare a campare, nella consapevolezza che «bisogna offrire al pubblico quello che vuole, altrimenti non vorrà più niente». E il pubblico, in particolare per il nostro protagonista, è tutto ciò che gli rimane per non cadere ancora più velocemente nel vortice dell'alcol. Ma a salvarlo arriva la bella Jean, madre di un bambino che per Bad vorrà dire fare i conti anche con un figlio, ormai grande, abbandonato da piccolo e mai visto crescere. I rimorsi tornano a galla di una vita che sembra ispirare ogni singolo verso e nota dei pezzi composti. «Da dove prende ispirazione per le canzoni?», chiede Jean a Bad, che risponde: «Dalla vita, per sfortuna».

Ad impreziosire questa prima regia di Scott Cooper contribuisce la colonna sonora, in perfetto stile country, composta da T-Bone Burnett in collaborazione con il compianto cantautore texano Stephen Bruton. Encomiabili le interpretazioni di (quasi) tutto il cast di attori, in primis il protagonista Jeff Bridges e un efficace Robert Duvall (tra i produttori della pellicola) nei panni di un amico di Bad Blake. Meno incisiva è apparsa, invece, Maggie Gyllenhaal che a volte contribuisce ad appesantire una narrazione dai toni a tratti melodrammatici, spezzando l'intensità del racconto.

Da incorniciare la canzone The Weary Kind scritta da Ryan Bingham, riproposta più volte durante il film per mostrarne la lenta (e artigianale) composizione da parte di un Bad Blake in stato di grazia dopo aver sofferto ancora una volta d'amore. «Non è posto per un cuore affaticato, non è posto dove perdere la testa, non è posto per crollare, raccogli il tuo cuore folle e fai un altro tentativo». Parola di un cowboy innamorato.

venerdì 5 marzo 2010

Siamo a cavallo

Con due amiche ho preparato un servizio sul bike polo giocato a Milano. Il campo non era molto illuminato, però mi sembra che il risultato finale sia abbastanza dignitoso. Che ne dite?

Bike Polo from mag zine on Vimeo.

giovedì 4 marzo 2010

Ritorno al paese delle meraviglie

Alice non sta sognando ad occhi aperti. Il mondo che le si apre sotto i piedi è reale, in carne ed ossa come i personaggi e gli animali parlanti che lo popolano. Di ritorno in quel paese delle meraviglie visto da bambina, che per tanto tempo gli ha procurato incubi notturni, Alice è diventata grande in attesa di sposarsi con l'uomo che, lei sa, non sarà quello della sua vita: ma l'alta società è fatta così, ai matrimoni combinati non si scampa. A meno che un simpatico coniglio non sbuchi letteralmente dal nulla per farti cadere in una trappola meravigliosa, che aprirà ad Alice le porte di un mondo a immagine e somiglianza dell'estro creativo di Tim Burton. Tridimensionalmente accattivante ma con qualche difetto di fabbricazione.

A quasi sessant'anni dall'uscita del cartone animato della Disney (1951) - tratto dal libro per ragazzi pubblicato nel 1865, in piena età vittoriana, dallo scrittore Lewis Carrol - il regista Tim Burton si immerge nel sottomondo che Alice, ormai 19enne, non riconosce più come il paese delle meraviglie visitato già una volta da bambina. Il mondo a parte che la ragazzina (ri)visiterà si trova proprio sotto il nostro mondo, e l'unico modo per entrarci è cadere dentro una tana di un coniglio. Non di un coniglio qualunque ma del Bianconiglio, uno dei tanti esseri meravigliosi con i quali Alice avrà a che fare nel breve ma intenso viaggio in una terra solo apparentemente frutto dei propri sogni.

Insieme ad altri eccentrici personaggi - dal Cappellaio Matto (un Johnny Depp schizofrenico al punto giusto) alla Regina Bianca (Anne Hathaway), fino al Brucaliffo, a Pinco Panco e Panco Pinco e allo Stregatto - Alice dovrà cercare di sconfiggere l'armata della Regina Rossa (Helena Bonham Carter), dominatrice spietata del sottomondo. Come fare? Solo il coraggio di una ragazzina alle soglie della maturità, in procinto di salutare l'adolescenza per imbarcarsi nel mondo degli adulti, potrà alla fine dei conti decretare l'eventuale vittoria del bene sul male.

Peccato, però, che Tim Burton si affidi ad una tecnologia - come quella del 3D - che spesso appare eccessiva nel caratterizzare, con una buona dose di visionarietà, il mondo delle meraviglie. Il retrogusto dopo i titoli di coda è leggermente amaro, visto il gran baccano degli effetti speciali e di una colonna sonora (composta da Danny Elfman) a dir poco roboante. Pregevole, invece, l'interpretazione di Mia Wasikowska nei panni della 19enne Alice - tanto pallida quanto delicata nel mostrare tutto lo stupore di una ragazza insicura e determinata - e del poliedrico Johnny Depp nel ruolo di un Cappellaio istrionico, un tantino sopra le righe, ma con una gamma di umori degna del miglior matto in circolazione. Un film comunque da gustarsi fino all'ultimo effetto speciale.

martedì 2 marzo 2010

Piccoli Harry Potter (non) crescono

Percy Jackson è un pesce fuor d'acqua nella sua New York. A scuola ci va malvolentieri e spesso litiga con la madre Sally, colpevole - agli occhi del ragazzo - di essersi fidanzata con un poco di buono, incline all'alcol e per niente affettuoso. «Un giorno tutto avrà un senso», dice la madre al figlio. A Percy manca una figura paterna, senza sapere di essere il figlio di un dio in carne ed ossa, il re dei mari Poseidone.

Il giovane protagonista (interpretato da Logan Lerman) dell'ultimo film di Chris Columbus, Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo: Il ladro di fulmini, non è altro che un semidio, frutto di una fugace storia di passione tra una cameriera, la madre di Percy, e un dio dell'Olimpo, dove sta per scatenarsi una guerra con la Terra come campo di battaglia. Qualcuno ha, infatti, rubato il fulmine di Zeus (Sean Bean), che sospetta proprio dell'ignaro Percy, il quale - all'inizio della storia - non s'immagina nemmeno di avere dei parenti così in alto. Se al più presto il ladro non riconsegnerà indietro il maltolto, il conflitto sarà inevitabile.

Inizia così l'avventura del giovane studente di New York, che da un momento all'altro si ritrova - con al fianco il fidato angelo custode, il satiro Grover (Brandon T. Jackson) - al Camp Half Blood, pronto all'addestramento per impadronirsi finalmente dei suoi poteri da semidio. E proprio l'acqua si rivelerà il maggior punto di forza di Percy, figlio di quel re dei mari Poseidone mai conosciuto e abbracciato come un padre. Qui al campo, il protagonista incontrerà Chirone il centauro (Pierce Brosnan) e l'affascinante Annabeth (Alexandra Daddario), figlia della dea Atena, tanto bella quanto valorosa nei combattimenti a suon di spada. Insieme a lei e Grover deciderà di raggiungere l'inferno dove regna Ade (Steve Coogan), dio dell'oltretomba, per liberare la madre imprigionata tra le fiamme degli inferi. Per arrivarci, però, dovranno prima recuperare tre perle utili a uscire sani e salvi dal fuoco infernale.

Il percorso sarà pieno di ostacoli - come la Medusa interpretata da una spaventosa Uma Thurman - ma ricco di spirito d'avventura capace di catturare con ironia l'attenzione dello spettatore, soprattutto dei più piccoli. La pellicola di Chris Columbus - già direttore dei primi due Harry Potter - è tratta dal primo volume dell'omonima saga letteraria scritta da Rick Riordan, riuscendo a divertire pur cercando di affrontare tematiche sensibili - come il rapporto tra genitori e figli - anche se spesso una visione manichea (i buoni troppo buoni, e i cattivi troppo cattivi) lascia l'amaro in bocca e fa sorgere una domanda: è davvero così semplice da descrivere la realtà lì fuori? Insopportabili poi, per dovere di cronaca, sono i continui ammiccamenti a un brand hi-tech oggi molto in voga, che più e più volte fa capolino tra le mani dei protagonisti: alla faccia del product placement!