venerdì 12 marzo 2010

Shutter Island, di Martin Scorsese

di Paolo Massa
Chi è il protagonista dell’ultimo film di Martin Scorsese Shutter Island? L’isola naturalmente, ma non intesa tanto da un punto di vista geografico quanto psicologico. L’isola è nella nostra testa, e soprattutto nella mente dell’agente di polizia Teddy Daniels (Leonardo Di Caprio), che incrociamo all’inizio del film mentre insieme al collega Chuck Aule (Mark Ruffalo) sta raggiungendo in nave l’isola di Shutter Island.

Qui c’è un manicomio di massima sicurezza per criminali violenti, e in seguito alla misteriosa scomparsa di una detenuta – colpevole di aver annegato in passato i suoi tre figli – sono stati chiamati proprio Teddy e Chuck a risolvere il caso. Come avrà mai fatto la prigioniera ad evaporare dalla sua cella senza lasciare nemmeno una traccia? Ma un indizio, l’agente Teddy Daniels, riuscirà a scovarlo. La donna ha lasciato un biglietto con sopra scritto: “Chi è il 67esimo prigioniero?”. Un messaggio a dir poco contradditorio visto che nel manicomio ci sono solo 66 pazienti, come preferisce chiamarli il dottor John Cowley (Ben Kingsley). Il mistero si scioglierà solo alla fine del film, dopo una lunga e contorta indagine condotta da Teddy Daniels alle prese – durante i giorni di soggiorno su quest’isola a tratti demoniaca – con forti emicranie e visioni legate a una tragica esperienza della sua vita passata.

Martin Scorsese gioca sul fascino oscuro dell’isola grazie ad una fotografia ben curata, a ricordare molto nei colori e nelle inquadrature l’espressionismo tedesco. Dopo le due ore di proiezione, però, la sensazione di aver assistito a un racconto un po’ troppo cerebrale, seppure originale nello stile, è forte. La catarsi finale, utile a slegare i tanti nodi del complesso intreccio narrativo, sembra dilungarsi eccessivamente caricando i toni e rischiando di confondere uno spettatore già di per se abbastanza sconcertato.

Da ammirare comunque lo sforzo di rinnovamento di un Martin Scorsese che – pur non abbandonando temi a lui cari, come la violenza e il conflitto interiore dei personaggi – ha rischiato nell’affrontare una sceneggiatura (tratta dal libro di Dennis Lehane L’isola della paura) ostica e di non facile appeal per le tematiche fortemente introspettive legate all’isola maledetta di Shutter Island.

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