sabato 23 maggio 2009

Che - L'argentino


Che – L’argentino è la prima parte di un progetto più ampio realizzato dal regista Steven Soderbergh, e presentato nella sua interezza al Festival di Cannes 2008 (per una durata di ben quattro ore), dedicato alla figura leggendaria del comandante argentino Ernesto Guevara. E proprio qui c’è la prima presa di distanza del regista dalla sin troppo comune rappresentazione del mitico “Che”. Soderbergh, infatti, non sembra interessato poi tanto a farne un santino da venerare, bensì lo descrive come una persona umana, con le sue passioni e debolezze, la sua atrocità e saggezza da rivoluzionario.

Nella prima parte della pellicola – la seconda, “Che – Guerriglia”, è dedicata alla parabola in Bolivia della rivoluzione di Guevara – si narrano le vicende che portarono il “Che” a conoscere Fidel Castro, per poi arruolarsi insieme alle sue truppe alla volta di Cuba e dell’Havana, conquistata infine nel 1959. Sono due i piani temporali attraverso i quali Soderbergh ci parla del “Che”. Oltre al primo (gli anni della rivoluzione cubana), nel secondo piano, virato in bianco e nero quasi a voler evidenziare l’ufficialità storica delle vicende rappresentate, vediamo il comandante Guevara presentarsi nel 1964 a New York, davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove gridò al mondo intero: «La nostra lotta è una lotta fino alla morte». Non mancarono le proteste contro la sua figura di guerrigliero spietato, pronto a giustiziare i traditori dello spirito della rivoluzione di liberazione cubana. Nelle sequenze in bianco e nero si vede anche l’intervista che la giornalista americana Lisa Howard fece al “Che”, durante la quale Guevara sostenne che un vero rivoluzionario deve essere guidato da un forte sentimento d’amore.

Nel segno della contraddizione, dunque, Soderbergh ci presenta un uomo altrettanto contradditorio, consapevole della necessità dell’amore come fonte di ispirazione per un guerrigliero, ma anche pronto a dichiarare davanti a tutti e in nome della libertà del popolo cubano: «Patria o morte». Peccato, però, che l’eccessiva concentrazione sulle lunghe ed estenuanti (per lo spettatore) scene di guerriglia, tra l’altro ben ricostruite, dia alla pellicola un senso di incompiutezza nel narrarci con troppi fronzoli (vedi alcune frasi ad effetto snocciolate dalla voce fuori campo del “Che”) la filosofia di lotta del comandante Guevara. Interpretato alla grande da un davvero rassomigliante Benicio Del Toro (che ha recitato in spagnolo), ma alla fine privo di quel guizzo capace di farci emozionare dinanzi alle gesta (e alle idee) rivoluzionarie del “Che”.

Voto •••

Nessun commento: