A Rosarno, in Calabria, è dal 1992 che gli immigrati stagionali, da ottobre a febbraio impegnati ogni anno a raccogliere arance nella piana di Gioia Tauro, subiscono violenze, estorsioni e rapine. A raccontarlo è il libro curato da Antonello Mangano, Gli africani salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l’Italia, edito da Terrelibere.
Il 12 dicembre 2008, dopo il ferimento di due lavoratori della Costa d’Avorio, gli africani di Rosarno protestarono già una volta contro un sistema mafioso che gioca sull’assuefazione della cittadinanza per esercitare il proprio dominio. Infatti, come ci dimostra anche la rivolta dei neri di Castel Volturno in Campania, sono spesso gli immigrati a ribellarsi allo status quo criminale che attanaglia quei territori. In Calabria, la ‘ndrangheta colpisce gli extracomunitari perché sono i più deboli. Forse per questo gli unici movimenti antimafia di piazza degli ultimi anni al sud, sono stati organizzati proprio da quegli immigrati africani nel tentativo di dimostrare che poi tanto deboli non sono.
«Dal nostro arrivo fino ad oggi, nei viali, nelle piazze, a volte nei luoghi di lavoro, nei ghetti siamo quotidianamente (24 ore su 24, anche durante il riposo notturno) vittime di congiure razziste: ragazzini minorenni che ci sputano in faccia, brigate clandestine in moto-scooter». Lo scrissero gli africani di Rosarno in una lettera del 1999 al sindaco Giuseppe Lavorato, denunciando la difficoltà anche solo di trovare un posto dove dormire - «per paura la brava gente si rifiuta di affittarci le case» - dovendo così rifugiarsi in ghetti senza acqua, elettricità e usando come letti dei cartoni raccolti per strada. Rosarno è un piccolo contenitore di tutte le più scottanti problematiche del nostro tempo, e il libro di Antonello Mangano ne analizza gli aspetti giuridici, storici, geopolitici (le migrazioni dall’Africa all’Europa) e socio-economici (lavoratori inseriti in un contesto mafioso).
Nel rapporto del 2008 sugli immigrati occupati in agricoltura nelle regioni meridionali, Medici senza frontiere evidenziò come «la condizione degli stagionali resta un nervo scoperto ipocritamente nascosto». Ragazzi africani che lavorano per soli 25 euro al giorno, si legge nel libro di Mangano, «salveranno Rosarno se con il loro esempio riusciranno a risvegliare coscienze sopite, senso dello Stato dimenticato e se, in una parola, saranno contagiosi».
Perché gli africani salveranno Rosarno, e probabilmente anche l’Italia, come dal titolo del suo libro? Basta vedere quello che sta succedendo oggi in questi posti: sono tornate le città bianche, cioè senza più neri, con la solita cronaca nera di arresti e macchine incendiate. Il titolo del libro non è provocatorio, ma è semplicemente una constatazione confermata dagli ultimi fatti: in queste zone del Sud gli immigrati sono gli unici a ribellarsi allo sfruttamento e allo schiavismo.
In che modo gli immigrati cadono sotto le grinfie della criminalità, e che responsabilità ha lo Stato? Non cadono sotto le grinfie della criminalità perché stanno cercando in tutti i modi di ribellarsi. La responsabilità di aver creato queste situazioni va allo Stato perché tanti degli immigrati lì presenti sono stati licenziati nelle fabbriche del Nord e si sono trovati a lavorare nell’agricoltura del Sud per paura di rimanere senza permesso di soggiorno e di essere perseguitati. Come accade ai tanti irregolari che hanno subito questo tipo di situazioni nelle città del nord Italia.
Prima degli scontri di qualche giorno fa com’era il rapporto tra gli immigrati e la cittadinanza? Finché gli africani sono rimasti zitti e silenziosi a lavorare tutto è andato bene. Ma nel momento in cui ci sono state delle ribellioni e delle denunce il rapporto con la cittadinanza si è incrinato. Ma questa è una cosa che succede da anni.
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