di Paolo Massa
Ci sono film sinceri che non fanno sconti a niente e nessuno e film costruiti a tavolino al solo scopo di propagandare una certa idea del mondo. Il mio nome è Khan, diretto dal regista Karan Johar, fa parte della seconda categoria nonostante tutte le buone intenzioni che di certo hanno motivato produttori e sceneggiatori. Peccato perché le tematiche trattate non sono roba da poco, soprattutto in un paese come gli Stati Uniti dove gli immigrati vivono sulla loro pelle ben altro che quel sogno americano troppo spesso sbandierato come certezza.
Ne sa qualcosa il musulmano Khan, interpretato da un bravo Shah Rukh Khan, che affetto dalla sindrome di Asperger (una forma lieve di autismo) non riesce a rapportarsi spontaneamente con le altre persone. Morta la madre, raggiunge il fratello in America dove incontrerà una bellissima ragazza, Mandira (Kajol), madre single di religione induista che riuscirà a ricambiare l'amore di quest'uomo un po' imbranato, spesso con le idee troppo chiare soprattutto in fatto di matrimonio, ma con un cuore grande come una casa.
I due si innamoreranno e si sposeranno contro tutti i pronostici degli spettatori (si fa per dire, ovviamente) ma arriverà lo squarcio dell'11 settembre nel cielo di Manhattan a strappare il sogno di felicità costruito dai due sposini. Tutto quello che può andare male va anche peggio, dando la sensazione che il regista voglia dipingere il peggiore sfondo possibile per ambientare il messaggio di speranza di Khan, che vorrà a tutti i costi parlare con il Presidente degli Stati Uniti per dirgli che non è un terrorista.
Non ne sveliamo la ragione per evitare ulteriori ricadute su una sceneggiatura già di per sé troppo prevedibile, farcita all'inverosimile di buonismo e sentimentalismo, con una colonna sonora a volte davvero debordante che cerca di aggiungere laddove ci sarebbe da tagliare. "Ci sono le persone buone e le persone cattive", dice la madre al piccolo Khan. Ci verrebbe da dire, parafrasando gli sceneggiatori: "Ci sono film buoni e film cattivi". Tutto qui.
Voto **
2 commenti:
Salve,
non so su cosa si è basato per scrivere un articolo del genere.
Il mio nome è Khan ha un contenuto politico-sociale-multiculturale enorme. Sarà anche prevedibile ma almeno quando lo si finisce di vedere rimane del materiale su cui riflettere. Se a lei non è accaduto, le consiglio di rivederlo e se proprio non riesce ad attingere nulla da questo film, forse è meglio se scrive articoli su un altro genere di film.
Distinti saluti
P.C.
Purtroppo non basta "un contenuto politico-sociale-multiculturale enorme" per confezionare un buon film. Se vuole riflettere, ci sono tanti libri (o documentari) che possono fare al caso suo.
"Il mio nome è Khan" è una pellicola tanto prevedibile quanto noiosa, farcita della solita storia d'amore sullo sfondo di uno scenario politico-sociale eccessivamente tragico.
Non basta far sognare lo spettatore con una storia d'amore (quasi) impossibile per poter spiegare un periodo della storia americana - l'11 Settembre - talmente complicato e sfaccettato come quello.
Non esistono i buoni e i cattivi nel mondo vero, ogni realtà ha la sua dose di vizi e virtù, per questo non è accettabile dipingere tutti i musulmani come brava gente oppure tutti gli americani come perfidi razzisti anti-Islam: un rischio che si corre spesso nel film in questione.
P.S. E' inaccettabile il consiglio sul "rivederlo e se proprio non riesce ad attingere nulla da questo film, forse è meglio se scrive articoli su un altro genere di film". La prossima volta abbia almeno il coraggio di firmarsi per esteso con nome e cognome!
Distinti saluti,
Paolo Massa.
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