sabato 30 agosto 2008

Cronache di un'estate #3

Qualche giorno dopo mi recai a Roma per chiedere spiegazioni in merito a questa spiacevolissima situazione che in un batter d’occhio aveva scombussolato i miei progetti futuri. E che cosa ebbe il coraggio di dirmi la responsabile dell’ufficio relazioni internazionali della Lumsa per giustificare (a suo modo) la mia esclusione? Ebbe il coraggio di dirmi che dall’università danese avevano deciso di escludermi perché avevano giudicato insufficiente il mio livello di inglese. E lo sapete da cosa l’avrebbero giudicato? Dalle svariate email che opportunamente avevo inviato a Roskilde per chiedere informazioni circa i corsi da poter seguire durante il primo semestre. Ma vi pare professionalmente possibile giudicare un qualsivoglia candidato per un’esperienza Erasmus, o anche per un impiego, dalle email che scrive e dagli eventuali errori grammaticali fatti, tenendo presente che chiunque potrebbe aver scritto quelle email. Unbelievable. Capirete bene che mi sono sentito “trombato” non soltanto dall’università danese ma anche dalla mia alla luce di questa stupida e inconsistente giustificazione, e anche dal momento che hanno atteso che mi recassi personalmente a Roma per chiedere spiegazioni alla Roskilde University. Per chiedere una giustificazione migliore di quella secondo la quale a causa dell’inaspettato numero di richieste proprio la mia era stata respinta, e per chiedere perché la “letter of rejection” fosse arrivata solo a me e non a loro. Ritornato a Salerno, dopo aver concluso la sessione di esami estiva, dall’ufficio relazioni internazionali mi avevano promesso di farmi sapere l’eventuale risposta di Roskilde alla loro richiesta di spiegazioni (se davvero l’hanno fatta) in merito alla mia situazione. Niente di niente, in una fitta nebbia di mistero contro la quale si è infranto il mio sogno di vivere e studiare per sei mesi in un paese straniero, un’esperienza che mi avrebbe fatto imparare tante cose diverse che qui in Italia non so se mai le apprenderò.
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venerdì 29 agosto 2008

Nothing lasts forever

Cronache di un'estate #2

Apro una parentesi. Come mai scelsi la Roskilde University in Danimarca? Semplice. Perché lì le lezioni vengono tenute in lingua inglese, almeno per i corsi che avevo intenzione di seguire, e quindi sarebbe stata un’ottima occasione per migliorare e acquistare maggior sicurezza con la lingua franca del mondo globalizzato. Una scelta sensata, no? D’altra parte sarebbe stato anche più facile per me seguire i corsi in inglese (una lingua da me già conosciuta) che non in francese o tedesco, qualora avessi scelto come destinazione la Francia o la Germania. Così era tutto pronto per la partenza (o quasi), visto che ancora dovevo ricevere la conferma dalla Danimarca dell’accettazione del mio piano di studio. Al massimo avrei potuto ricevere da Roskilde (almeno così pensavo) la comunicazione che non tutti i corsi da me scelti era possibile frequentarli durante il primo semestre, e così avrei dovuto modificare in parte il mio “learning agreement”. E invece cosa successe? Stento ancora a crederci se ci ripenso. Alla fine di giugno, mentre aprivo la mia casella di posta elettronica per controllare i nuovi messaggi in arrivo, e magari trovare finalmente la lettera di accettazione dalla Roskilde University, con mia grande sorpresa trovai un’email che non avrei mai voluto leggere. Un’email con allegata la “letter of rejection” dell’università danese, nella quale giustificavano la loro decisione di respingere la mia candidatura Erasmus con queste parole: “Dear Paolo Massa, Roskilde University has received your application to be an exchange student at Roskilde University for the Autumn 2008. This year we have received an unexpected large number of applications for a study places, and we regret to inform you that your application has not been accepted at our institution. All the best, International Office”. Con una lettera prestampata, insomma, dove avevano aggiunto solo il mio nome e cognome, informarono direttamente (e solo) me dell’avvenuta “rejection” senza degnarsi nemmeno di comunicarlo all’ufficio relazioni internazionali della mia università. Se non avessi infatti inoltrato l’email ai responsabili Erasmus della Lumsa, loro non avrebbero saputo niente circa la mia situazione. Ma vi pare possibile alla luce anche di un accordo di cooperazione europea tra due istituzioni universitarie nell’ambito di un programma di scambio accademico? Ma la cosa che mi fece rimanere davvero basito è che questa comunicazione mi giunse alla fine di giugno, per la precisione il 23 giugno (mentre la “letter of rejection” era incredibilmente datata 23 luglio, un mese dopo), quando non avrei potuto più fare domanda per nessuna altra destinazione europea. Considerando tra l’altro che tutta la documentazione era stata inviata entro la data di scadenza – la fine di maggio - prevista dall’università danese (salvo errori della mia università che mi sono stati taciuti, ma non voglio pensar male), la delusione è ancor più cocente.
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giovedì 28 agosto 2008

Cronache di un'estate #1

Partiamo dall’inizio. Qualche mese fa, precisamente verso aprile, seppi con mia grande gioia che ero riuscito a vincere una borsa di studio Erasmus per la Danimarca. In marzo infatti avevo compilato tutti i documenti necessari per partecipare al concorso indetto dalla mia università romana, la Lumsa, e dopo qualche settimana ebbi la bella notizia. Da quel momento in poi cominciai a pensare ad organizzare al meglio questa mia trasferta di 6 mesi in terra scandinava, che avrei dovuto vivere preferibilmente durante il prossimo semestre, per la precisione da agosto 2008 a gennaio 2009. Ricordo ancora con quanta cura cercai di scegliere le università nelle quali avrei potuto studiare, e alla fine la mia prima scelta fu la Roskilde University in Danimarca, a una trentina di chilometri dalla bella capitale danese Copenaghen. Il passo successivo fu quello di decidere quali esami avrei potuto sostenere lì a Roskilde, e farmeli approvare dalla coordinatrice del mio corso di laurea specialistica in editoria e giornalismo. Pensavo che questa si sarebbe rivelata la fase più complicata, timoroso che la coordinatrice non avrebbe accettato così facilmente la mia proposta di piano di studio. Ma alla fine tutto filò liscio, e mi ritrovai col mio bel piano di studio (learning agreement, per la precisione) pronto per essere inviato e sottoposto all’approvazione dei responsabili Erasmus dell’Università di Roskilde.
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mercoledì 27 agosto 2008

La solitudine dei numeri primi

La solitudine dei numeri primi ha un titolo ammaliante quanto misterioso. E per un libro, ancor di più per un romanzo come questo scritto dal giovane Paolo Giordano, classe 1982 e fresco vincitore del Premio Strega 2008, il fascino del titolo non è poca cosa. Per comprenderne a pieno il senso, è necessario rileggere le parole dell'autore: "I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi ", scrive Giordano. "Se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi". Mattia è il protagonista della storia narrata, che pagina dopo pagina vediamo crescere fino all’età della ragione, quando dopo l'università le domande sulla propria vita cominciano a essere molte di più delle risposte che si riesce a dare. Insieme a Mattia, alle prese da bambino con la sorella gemella un po' ritardata (Michela), vediamo crescere parallelamente anche l'altra protagonista del romanzo, Alice, che da piccola, in seguito a un incidente sulla neve, rimane zoppa da una gamba. Due anime, due solitudini, che ben presto, con il trascorrere inesorabile del tempo, si incontreranno prima a scuola e poi nella vita, alla ricerca di una serenità che poche volte hanno afferrato da bambini, e di un riscatto utile a cancellare le ferite indelebili del passato. Mattia ci spera, e ci pensa spesso, dal momento che "i giorni, uno dietro l'altro, erano scivolati sulla pelle come un solvente", e "i contorni, così come le circostanze, erano ancora lì, neri e ben delineati, ma i colori si erano mescolati l'uno con l’altro, fino a sbiadire in una tonalità smorta e uniforme, in una neutrale assenza di significato".Alice e Mattia si ritrovano grandi quasi senza accorgersene, con i ricordi (belli o brutti) che faticano a sbiadire nonostante gli anni trascorsi, ed entrambi lontani e vicini al tempo stesso ci appaiono come "uniti da un filo elastico e invisibile, sepolto sotto un mucchio di cose di poca importanza, un filo che poteva esistere soltanto fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l'uno nell'altra". Alice e Mattia come due numeri primi, sospettosi e solitari e per questo meravigliosi. Paolo Giordano ce le descrive, queste due solitudini, con grande sensibilità e una prosa asciutta e sicura, dove conta di più ciò che non è stato detto (e scritto), quasi a voler lasciare al lettore il compito di completare i tasselli mancanti delle vite di Alice e Mattia. Che una volta cresciuti, difficilmente dimenticheranno il giorno del loro primo incontro, quando ancora bambini "non sorridevano e i loro sguardi seguivano traiettorie divergenti, ma era come se i loro corpi fluissero con continuità l'uno nell'altro, attraverso le braccia e le dita a contatto", come se "c'era uno spazio comune tra di loro, i cui confini non erano ben delineati, dove sembrava non mancare nulla e dove l'aria pareva immobile, imperturbata". Lo spazio incolmabile dei numeri primi, lo spazio intangibile di Alice e Mattia.