mercoledì 27 agosto 2008

La solitudine dei numeri primi

La solitudine dei numeri primi ha un titolo ammaliante quanto misterioso. E per un libro, ancor di più per un romanzo come questo scritto dal giovane Paolo Giordano, classe 1982 e fresco vincitore del Premio Strega 2008, il fascino del titolo non è poca cosa. Per comprenderne a pieno il senso, è necessario rileggere le parole dell'autore: "I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi ", scrive Giordano. "Se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi". Mattia è il protagonista della storia narrata, che pagina dopo pagina vediamo crescere fino all’età della ragione, quando dopo l'università le domande sulla propria vita cominciano a essere molte di più delle risposte che si riesce a dare. Insieme a Mattia, alle prese da bambino con la sorella gemella un po' ritardata (Michela), vediamo crescere parallelamente anche l'altra protagonista del romanzo, Alice, che da piccola, in seguito a un incidente sulla neve, rimane zoppa da una gamba. Due anime, due solitudini, che ben presto, con il trascorrere inesorabile del tempo, si incontreranno prima a scuola e poi nella vita, alla ricerca di una serenità che poche volte hanno afferrato da bambini, e di un riscatto utile a cancellare le ferite indelebili del passato. Mattia ci spera, e ci pensa spesso, dal momento che "i giorni, uno dietro l'altro, erano scivolati sulla pelle come un solvente", e "i contorni, così come le circostanze, erano ancora lì, neri e ben delineati, ma i colori si erano mescolati l'uno con l’altro, fino a sbiadire in una tonalità smorta e uniforme, in una neutrale assenza di significato".Alice e Mattia si ritrovano grandi quasi senza accorgersene, con i ricordi (belli o brutti) che faticano a sbiadire nonostante gli anni trascorsi, ed entrambi lontani e vicini al tempo stesso ci appaiono come "uniti da un filo elastico e invisibile, sepolto sotto un mucchio di cose di poca importanza, un filo che poteva esistere soltanto fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l'uno nell'altra". Alice e Mattia come due numeri primi, sospettosi e solitari e per questo meravigliosi. Paolo Giordano ce le descrive, queste due solitudini, con grande sensibilità e una prosa asciutta e sicura, dove conta di più ciò che non è stato detto (e scritto), quasi a voler lasciare al lettore il compito di completare i tasselli mancanti delle vite di Alice e Mattia. Che una volta cresciuti, difficilmente dimenticheranno il giorno del loro primo incontro, quando ancora bambini "non sorridevano e i loro sguardi seguivano traiettorie divergenti, ma era come se i loro corpi fluissero con continuità l'uno nell'altro, attraverso le braccia e le dita a contatto", come se "c'era uno spazio comune tra di loro, i cui confini non erano ben delineati, dove sembrava non mancare nulla e dove l'aria pareva immobile, imperturbata". Lo spazio incolmabile dei numeri primi, lo spazio intangibile di Alice e Mattia.

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