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Bastano le prime sequenze a farci immergere da subito nell'universo di solitudine dell'uomo, che nonostante le difficoltà nell'integrarsi con gli altri concittadini è pervaso comunque da un forte desiderio di rivalsa. Qualche anno prima Josie ebbe la possibilità di cambiare vita, di lasciare l'Irlanda per andare a lavorare in Inghilterra. Magari un cambio d'aria gli avrebbe fatto bene, gli avrebbe permesso di sperare in altre occasioni, in un'altra vita. Ma Josie, dopo tutto, non ci pensa poi tanto, anche perché dove vive e lavora ora c'è una ragazza di cui è segretamente innamorato, e un ragazzino che gli dà una mano al garage con il quale riesce ad instaurare un rapporto di amicizia. E' a lui che si confida, è insieme a lui che beve qualche bottiglia di birra tanto per ammazzare il tempo e fare un po' di conversazione.
Appena finisce di lavorare Josie si prepara qualcosa da mangiare, e dopo magari si veste per andare a bere al bar del paese. Non avendo l'auto, però, ogni volta ci va a piedi, e in questo tragitto spesso incontra per la strada un cavallo bianco e nero - sempre solo un po' come lui - al quale decide di tanto in tanto di offrirgli una mela. L'animale sembra essere l'unico al mondo capace di apprezzare un gesto di Josie, quasi a volerlo ringraziare per quel frutto tanto gustoso.
Ma il destino ha in serbo per lui un amaro finale che non si sarebbe mai immaginato. Perché il nostro protagonista è un uomo semplice, forse anche troppo e per questo un tantino ingenuo. La sua ingenuità, infatti, gli procurerà un'umiliazione davanti alla quale la speranza, e la volontà di continuare a lottare in cerca di quella felicità desiderata, perderanno la forza di sempre. E allora, solo allora, in un estremo scatto di libertà, Josie deciderà di compiere il gesto più rivoluzionario della propria vita, ultimo atto d'accusa contro tutti coloro che l'hanno emarginato senza appello. E l'ultima, tragica, poetica sequenza del cavallo in primo piano - libero finalmente proprio come Josie - ci dà il senso di una vita sofferta e solitaria, ma ricca di una sensibilità mai davvero apprezzata quanto avrebbe meritato.
Encomiabile l'interpretazione di Pat Shortt, protagonista di un film un tantino lento nello sviluppo narrativo ma che alla fine, grazie alla sola forza dirompente delle immagini, riesce a spiegarci con grande sensibilità, senza fronzoli e dialoghi sterili, il significato profondo della storia di un uomo.
Garage
Regia Leonard Abrahamson
Sceneggiatura Mark O'Halloran
Produzione Element Pictures, Film4, The Irish Film Board, Mk2
Distribuzione Mediaplex Italia
Paese Irlanda
Genere Drammatico
Durata 85'
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