giovedì 20 agosto 2009

Buon viaggio Fernanda

Aveva da poco compiuto 92 anni, Fernanda Pivano, morta martedì sera in una clinica privata di Milano. Lo scorso 18 luglio, dalle colonne del Corriere della Sera, la scrittrice (ma anche traduttrice, giornalista e critica musicale) quasi presagendo la fine imminente dei suoi giorni aveva scritto: «Non ho mai voluto accettare le malattie dell'età e ne ho le scatole piene di dover prendere tutte queste pastiglie che i medici mi prescrivono. Ho sempre cercato di vivere di passioni e tutto questo mi riporta solo alla disperazione dei miei 92 anni, con le vene che non reggono la pressione di una semplice iniezione. Ma grazie a Dio ci sono questi ragazzi di 18 anni che mi mandano le loro poesie, i loro racconti, i loro auguri e mi chiedono suggerimenti su come fare a superare le tragedie della vita. Ahimè. A 92 anni ancora non so cosa rispondere. Dico loro di sperare. Di battersi per vivere in un mondo senza guerre volute solo da capitani ansiosi di medaglie. Di sorridere senza il rimorso di non aver aiutato nessuno». La passione prima di tutto, dunque, come forza motrice di una vita trascorsa a sognare sui libri dei maestri americani che ci ha tramandato poi con le fedeli traduzioni in italiano.

Nata a Genova nel 1917, e poi trasferitasi a Torino dove frequentò il Liceo Classico Massimo D'Azeglio, nel 1941 la Pivano si laureò con una tesi in letteratura americana su Moby Dick di Herman Melville. Due anni dopo, in pieno regime fascista, il suo professore Cesare Pavese, appena tornato dal confino, le propose di tradurre le poesie dell'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Un affare spericolato, dirà poi la Pivano a proposito dell'offerta di lavoro di Pavese, ma che subito la farà innamorare di questa opera fondamentale della letteratura americana. «Presi in mano il libro, lo aprii a caso, come si fa in questi casi, e la prima poesia che mi capitò sotto gli occhi fu Francis Turner. A me piaceva tanto quell'uomo che si fece volar via l'anima per baciare una ragazza», ricordò la Pivano. Ad attirarla di più nella tradizione americana rispetto a quella europea, era la «differenza fra letteratura pragmatistica e letteratura accademica, fra i fatti della vita e una letteratura libresca basata su indagini psicologiche».

Nel 1948, a Cortina, incontrò un altro dei suoi eroi, Ernest Hemingway, con il quale nascerà una profonda amicizia, e del quale curerà la traduzione italiana dell'intera opera. Il 1956 fu l'anno del primo viaggio negli Stati Uniti, mentre nel 1959 uscirà per la Mondadori la sua prefazione a Sulla strada di Jack Kerouac, e nel 1964 la traduzione delle poesie di Jukebox all'idrogeno di Allen Ginsberg. Su On the road disse: «Era il libro della libertà. E i giovani amano la libertà. Se non ci fosse la libertà nessuna ragazza nemmeno oggi potrebbe baciare liberamente il proprio fidanzato». A Jack Kerouac una volta chiese: «Ma perché sei così disperato? Che cosa vorresti? Cos'è che vuoi per non essere più così disperato? "Voglio che Dio mi mostri il suo volto", mi rispose lui».

Grande appassionata di musica rock, Fernanda Pivano dichiarò che «il mio amore per questa musica è sbocciato nel 1965 quando Bob Dylan tenne il suo primo concerto all'Università di Berkeley: quella sera nacque il movimento dei figli dei fiori. Era chiaro che stava cambiando il mondo». Celebre la sua amicizia con il cantautore Fabrizio De Andrè, del quale scrisse dopo la morte: «Vivrà per sempre negli immensi spazi profumati dell'eternità dove si raccolgono gli inermi eroi della pace e dell'amore». Nel 2008 ha potuto godersi la vittoria alla Casa Bianca di Barack Obama, primo presidente nero della storia americana, sulla scia delle lotte contro la segregazione razziale di Rosa Parks, Martin Luther King e Malcolm X. «Ah, questa è l'America che amo», disse subito dopo le elezioni.

A chi le chiese invece quale fosse il suo sogno, Fernanda Pivano rispose: «Voglio che Dio mi mostri il suo volto». Di certo ora potrà rivedere i volti dei suoi eroi persi per strada, da Cesare Pavese a Jack Kerouac, da Ernest Hemingway ad Allen Ginsberg, da David Foster Wallace a Fabrizio De Andrè. Buon viaggio Fernanda.

Nessun commento: