venerdì 16 novembre 2007

IL FILM: Funeral Party

Alla morte del padre di famiglia, tutti i parenti si riuniscono nella casa del defunto per commemorarne la vita. Ed è proprio in questa casa che si scatenano, a ritmo forsennato, eventi che nella loro imprevedibilità riusciranno, anche solo per un istante, ad esorcizzare il triste e ineluttabile alone di morte che aleggia nell’aria.

E’ qui, dunque, che si insinua alla perfezione la commedia di Frank Oz, che già a partire dal titolo – “Funeral Party” – è tutto un programma. Ognuno infatti, all’inizio, sembra assorto nella propria tristezza dinanzi alla dipartita di un parente perduto, ma ben presto nessuna malinconia riuscirà a prevalere su una serie di gag tragicomiche (per lo sfondo entro il quale avvengono: un funerale, appunto) capaci di trascinare i personaggi della storia (insieme agli spettatori in sala) nel vortice apparentemente infinito di equivoci, umiliazioni, frustrazioni e confessioni varie.

Così, alla luce dell’eterna competizione fra Daniel e Robert, figli del defunto e fratelli che non si sono mai compresi del tutto; dinanzi alle ansie di Daniel preoccupato di mantenere la promessa fatta alla moglie di comperare la villa dei loro sogni; dinanzi all’agitazione di Martha, cugina di Daniel e Robert, che ha deciso di portare al funerale il suo ragazzo, Simon, per presentarlo (lei spera con successo) al padre severo; e alla presenza, inquietante quanto misteriosa, di uno sconosciuto invitato al funerale, le contraddizioni della vita, con le gelosie e i segreti che ogni essere umano ha in serbo per sé e per gli altri, diventano lo sfondo di questa esilarante commedia.

Una commedia che strappa non poche risate al pubblico in sala, e non sempre con situazioni volgari, anzi, spesso con una comicità genuina e sincera, che va al fondo del significato inestricabile della vita.

Se non fosse solo per il finale un po’ troppo edificante, il film sarebbe un ottimo esempio di cinema comico e “impegnato” al tempo stesso, capace di farci riflettere sul senso a volte tragicomico delle nostre esistenze, soprattutto quando è la morte a chiarirci quanto in realtà siamo attaccati alla vita.

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