In copertina il volto innocente, a tratti ingenuo, di una ragazza: occhi azzurri, capelli castani, pelle bianca e un rossetto scuro a dare maggior risalto a quello sguardo di giovane studentessa universitaria che sembra sapere tutto lei, senza ombra di dubbi esistenziali, quei dubbi che nell’arco delle quasi ottocento pagine di “Io sono Charlotte Simmons”, ultima fatica di Tom Wolfe, non mancheranno di tormentarla (e di cambiarla).
Quella ragazza è Charlotte Simmons, appunto. E qui sta la sfida che il lettore accetta dall’autore, pronti ad iniziare un viaggio nell’animo innocente e dissoluto della gioventù americana, quella iscritta ai migliori atenei a stelle e strisce (nel caso di Charlotte si tratta dell’immaginaria Dupont University).
E di ragazzi alla Dupont ce ne sono tanti, e di tutte le “specie”, in questo bel romanzo di Tom Wolfe: chi con una borsa di studio (come Charlotte, giovane originaria delle montagne del North Carolina), chi come atleta che delle lezioni e degli esami se ne infischia, chi (come alcune ragazze a dir poco disinibite) con il pensiero fisso di scoparsi i ragazzi più cool del college.
Insomma, lo sfondo sociale è variegato. Ecco perché il libro non parla solo di Charlotte, ma soprattutto dell’influenza che gli altri ragazzi, con i loro comportamenti e giudizi, hanno sulla sua debole (e apparentemente forte) personalità. Si tratta pur sempre di una giovane matricola in cerca di approvazione. Come riuscirà ad ottenerla, se ci riuscirà?
Tom Wolfe ci narra di questa ascesa sociale (o discesa, a seconda dei punti di vista) con i pensieri convulsi dei personaggi, spesso impegnati a parlare con se stessi per cercare di superare gli ostacoli di una vita che sembra una giungla, dove bisogna saper lottare per sopravvivere.
E ne è consapevole Charlotte, che nei primi mesi trascorsi nel campus della Dupont scopre a sue spese la solitudine: “Alla Alleghany High” - scrive Tom Wolfe – Charlotte “aveva affrontato ostilità ed emarginazione… ed era stata palesemente fuori dai giri giusti… era rimasta fedele a se stessa… non si era lasciata condizionare (…) e aveva proseguito per la sua strada, fino ad approdare in una delle migliori università del mondo. Quindi, neanche adesso si sarebbe lasciata condizionare. Niente l’avrebbe fermata… niente. Se doveva cavarsela da sola, se la sarebbe cavata da sola. Però… si sentiva sola come un cane”.
La vita universitaria per Charlotte, lontana dai suoi affetti più cari, è dura più che mai, e le tentazioni sono sempre lì, nell’ombra, pronte ad afferrarla e condurla nei meandri di una nuova vita, con altri amici.
Hoyt Thorpe - “il simbolo di tutto ciò che è più immorale, sfrenato, infantile, crudele, irresponsabile, insensibile e vile nella gioventù americana” - è uno di questi, affascinante ragazzo della Dupont che fa una corte serrata alla giovane matricola del North Carolina, ancora vergine nei sentimenti (e non solo).
E così, quella spiacevole solitudine che la opprimeva – “Era una sensazione fisica. La sentiva. Era un sesto senso, non per fare uno strano gioco di parole, ma aveva una concretezza. Faceva male… faceva male come se dei fagociti ti divorassero la materia grigia” – scompare dall’orizzonte della sua vita lì alla Dupont.
A quale prezzo, però? Lo scoprirà ben presto, costretta a rinunciare, anche se per un attimo, a quei valori che, fino ad ora, l’avevano guidata, rendendola più forte di quello che era, facendola sentire sola ma pur sempre priva di sensi di colpa, quei valori che avevano preservato la verginità del suo animo innocente.
D’altra parte, come disse Socrate, “Se un uomo si degrada, convinto che ciò gli procuri felicità, sbaglia per ignoranza perché non sa cosa sia l’autentica felicità”.
La troverà, la sua autentica felicità, Charlotte Simmons?
Quella ragazza è Charlotte Simmons, appunto. E qui sta la sfida che il lettore accetta dall’autore, pronti ad iniziare un viaggio nell’animo innocente e dissoluto della gioventù americana, quella iscritta ai migliori atenei a stelle e strisce (nel caso di Charlotte si tratta dell’immaginaria Dupont University).
E di ragazzi alla Dupont ce ne sono tanti, e di tutte le “specie”, in questo bel romanzo di Tom Wolfe: chi con una borsa di studio (come Charlotte, giovane originaria delle montagne del North Carolina), chi come atleta che delle lezioni e degli esami se ne infischia, chi (come alcune ragazze a dir poco disinibite) con il pensiero fisso di scoparsi i ragazzi più cool del college.
Insomma, lo sfondo sociale è variegato. Ecco perché il libro non parla solo di Charlotte, ma soprattutto dell’influenza che gli altri ragazzi, con i loro comportamenti e giudizi, hanno sulla sua debole (e apparentemente forte) personalità. Si tratta pur sempre di una giovane matricola in cerca di approvazione. Come riuscirà ad ottenerla, se ci riuscirà?
Tom Wolfe ci narra di questa ascesa sociale (o discesa, a seconda dei punti di vista) con i pensieri convulsi dei personaggi, spesso impegnati a parlare con se stessi per cercare di superare gli ostacoli di una vita che sembra una giungla, dove bisogna saper lottare per sopravvivere.
E ne è consapevole Charlotte, che nei primi mesi trascorsi nel campus della Dupont scopre a sue spese la solitudine: “Alla Alleghany High” - scrive Tom Wolfe – Charlotte “aveva affrontato ostilità ed emarginazione… ed era stata palesemente fuori dai giri giusti… era rimasta fedele a se stessa… non si era lasciata condizionare (…) e aveva proseguito per la sua strada, fino ad approdare in una delle migliori università del mondo. Quindi, neanche adesso si sarebbe lasciata condizionare. Niente l’avrebbe fermata… niente. Se doveva cavarsela da sola, se la sarebbe cavata da sola. Però… si sentiva sola come un cane”.
La vita universitaria per Charlotte, lontana dai suoi affetti più cari, è dura più che mai, e le tentazioni sono sempre lì, nell’ombra, pronte ad afferrarla e condurla nei meandri di una nuova vita, con altri amici.
Hoyt Thorpe - “il simbolo di tutto ciò che è più immorale, sfrenato, infantile, crudele, irresponsabile, insensibile e vile nella gioventù americana” - è uno di questi, affascinante ragazzo della Dupont che fa una corte serrata alla giovane matricola del North Carolina, ancora vergine nei sentimenti (e non solo).
E così, quella spiacevole solitudine che la opprimeva – “Era una sensazione fisica. La sentiva. Era un sesto senso, non per fare uno strano gioco di parole, ma aveva una concretezza. Faceva male… faceva male come se dei fagociti ti divorassero la materia grigia” – scompare dall’orizzonte della sua vita lì alla Dupont.
A quale prezzo, però? Lo scoprirà ben presto, costretta a rinunciare, anche se per un attimo, a quei valori che, fino ad ora, l’avevano guidata, rendendola più forte di quello che era, facendola sentire sola ma pur sempre priva di sensi di colpa, quei valori che avevano preservato la verginità del suo animo innocente.
D’altra parte, come disse Socrate, “Se un uomo si degrada, convinto che ciò gli procuri felicità, sbaglia per ignoranza perché non sa cosa sia l’autentica felicità”.
La troverà, la sua autentica felicità, Charlotte Simmons?
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