di Paolo Massa
Un giovane irlandese di belle speranze sogna di poter incidere un album tutto suo. Una ragazza della Repubblica Ceca, immigrata a Dublino insieme alla madre e alla figlia, desidera trovare un impiego decente. Lui lavora nel negozio del padre, dove ripara aspirapolveri, ma appena può scappa in centro con l’inseparabile chitarra per esibirsi e guadagnare magari qualche spicciolo. Lei vende fiori per la strada, per arrotondare i magri guadagni, e sembra essere l’unica ad ascoltare le belle canzoni del giovane quando gli passa accanto. Una sera decide di fermarsi a parlare, e di dirgli quanto sia bravo. Lui allora le confessa che le canzoni che suona la notte sono sue, perché tanto di giorno la gente vuole sentire solo canzoni famose. Da un incontro (musicale) ha inizio così Once, il bel film diretto dal regista irlandese John Carney, che dopo aver fatto il giro di numerosi festival cinematografici (compreso il Sundance Film Festival di Robert Redford) è approdato anche alla serata finale degli Oscar 2008, dove ha portato a casa la statuetta per la miglior canzone originale assegnata al brano Falling Slowly. Non a caso la musica è un personaggio aggiunto alla storia narrata. E’ a tempo di musica, infatti, che i due ragazzi muovono i loro passi (quasi d’amore) in una grigia e passionale Dublino, quasi come se assistessimo ad un vero e proprio musical d’altri tempi. Così le vicende dei due musicisti (perché ben presto si scoprirà che anche lei è un’abile pianista) sembrano essere racchiuse, quasi magicamente, in un altro tempo e in un’altra dimensione: la dimensione dell’amore. E’ l’affetto tra i due personaggi (interpretati da Glen Hansard e Marketa Irglova, autori del brano Falling Slowly) ad accrescere questa sensazione di estraniamento dalla realtà quotidiana, sempre più venata di solitudine e cuori infranti, con una Dublino che ben la rappresenta nell’incessante passeggiare di una folla indistinta agli occhi dello spettatore (e non solo). Anche agli occhi dei due protagonisti (lui ferito da una storia d’amore finita male, lei immigrata ancora non del tutto integrata) questa folla appare come qualcosa di estraneo ai sogni e alle sofferenze delle proprie vite. Ma sarà proprio la musica, che permetterà loro di riscoprire sé stessi, a diventare il simbolo di un riscatto tanto difficile quanto sperato, l’anello di congiunzione mancante tra le anime sognanti di due giovani in cerca di affetto. Ci sono film che aprono uno squarcio sulla nostra realtà in modi per noi impensabili, come quando guardandoci allo specchio ci accorgiamo di particolari mai notati prima. Once ne è un esempio lampante, fungendo da vero e proprio specchio capace di riflettere pezzi delle nostre vite ben rappresentate dai personaggi sullo schermo. E il film, grazie soprattutto a splendidi sfondi musicali – che costellano gran parte della pellicola, impreziosendola non poco – riesce a toccarci nel profondo con i testi delle canzoni a sostituire spesso le parole dei due protagonisti, più a loro agio nel cantare che nel parlare. E’ la musica che li fa conoscere, è la musica che li fa frequentare, sarà la musica che li farà maturare insieme, anche se per un breve tratto di strada, un tratto pur sempre indimenticabile e prodigo di speranze future.
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