Certe volte mi chiedo come mai sono così attratto dal cinema, come mai quando mi ritrovo in una sala cinematografica quasi completamente al buio - se non fosse per quel magico fascio di luce dal quale scaturiscono le storie che ci appassionano - mi sento rivivere insieme ai personaggi dei film che vedo. Me lo domando proprio ora che il (nostro) cinema italiano ha incassato due premi non da poco alla 61ma edizione del Festival di Cannes: Gran prix a Gomorra di Matteo Garrone e Premio della Giuria a Il Divo di Paolo Sorrentino. Due riconoscimenti che hanno premiato l'impegno civile di un certo tipo di cinema che, partendo dalla cruda realtà di oggi, riesce a reinventarsi ridando ancor più crudeltà agli atroci fatti di cronaca del napoletano (vedi Gomorra) e un velo grottesco - inedito e affascinante - alla figura di Giulio Andreotti (vedi Il Divo). Un'Italia come quella ben rappresentata da Garrone & Sorrentino, che sa (e vuole) riflettere attraverso la mediazione narrativa del cinema sui malanni del proprio paese, è un'Italia che ci piace. Un'Italia che, nel guardarsi allo specchio, non teme di scoprire l'indicibile realtà dei nostri giorni, è un'Italia che spera nel futuro proprio perchè ha il coraggio di combattere un presente troppo misero di speranze. E' un'Italia che ai suoi giovani può dare quell'appiglio necessario a non scoraggiarsi dinanzi a una politica che sembra occuparsi più del consenso che della reale risoluzione dei veri problemi. Più si insegue un mero consenso e più si straparla pensando solo al fascino indidioso delle parole, parole, parole... Fino ad ora i fatti li vediamo in film come Gomorra & Il Divo, e non sono poi tanto edificanti, ma almeno ci aiutano a conoscere, a non dimenticare, a crescere e a non voltare lo sguardo per non vedere il marcio che ci sta sommergendo.
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