di Paolo Massa
Aprile 2003. Il ventiseienne Aron Ralston (James Franco) parte per un weekend solitario tra le gole del Canyonlands National Park nello Utah. Il paesaggio è mozzafiato, il sole batte senza tregua, tutto perfetto per l'hobby preferito dal giovane americano innamorato della natura selvaggia. In sella a una bicicletta Aron corre a più non posso, cade a terra ma non si scoraggia, pronto ad immortalare con la sua macchina fotografica ogni singolo attimo di questa avventura che si tramuterà in incubo.
Danny Boyle ci sa fare, come al suo solito, e anche nell'ultimo film 127 ore il ritmo non manca. La musica, il montaggio schizofrenico e le inquadrature virtuose non spezzano (quasi) mai il filo di un racconto zeppo di contenuti nonostante la velocità della storia. Tutto è perfetto nei primi, fantastici minuti di 127 ore: Aron incontra due ragazze nel canyon, le fa da guida, si divertono a tuffarsi in una gola profondissima dove si nasconde un laghetto incontaminato, ma lo spettatore sa già che questa perfezione apparente è destinata ad interrompersi, anche bruscamente.
Il film di Danny Boyle procede per contrasti e analogie: da una parte la solitudine di Aron a richiamare il panorama di una natura disabitata, dall'altra la velocità delle prime sequenze in netta contrapposizione con la calma piatta dell'incubo che intaccherà il weekend da sogno di Aron. Un incubo che non tarda ad arrivare, quando il protagonista inciampa e cadendo si ritrova intrappolato in una gola profonda con la mano incastrata tra le rocce. A questo punto compare sullo schermo il titolo del film, 127 ore appunto, a voler evidenziare ancora meglio la portata dell'avventura da incubo di Aron.
E qui ha inizio il viaggio fisico e interiore che Danny Boyle fa intraprendere al protagonista, riuscendo con maestria a coprire quasi tutti i giorni di prigionia forzata del ragazzo con trovate registiche e di sceneggiatura degne di nota. Non manca l'ironia a caratterizzare ancora meglio un personaggio alle prese con la propria vita minacciata dalla fame, dalla sete, dal freddo e dal dolore. Non manca la crudezza di certe sequenze chiave nel prosieguo dell'incubo di Aron. Solo a tratti si perde un po' il filo tesissimo della storia, soprattutto durante l'immersione in alcune scene oniriche (e meno riuscite perché più artificiose) del film.
Per il resto, davvero notevole è la prova dell'attore protagonista James Franco, ottimo interprete di quel Alan Ralston realmente esistito, autore del bestseller Between a Rock and a Hard Place dove ha raccontato il suo viaggio più lungo da fortunato sopravvissuto.
Danny Boyle ci sa fare, come al suo solito, e anche nell'ultimo film 127 ore il ritmo non manca. La musica, il montaggio schizofrenico e le inquadrature virtuose non spezzano (quasi) mai il filo di un racconto zeppo di contenuti nonostante la velocità della storia. Tutto è perfetto nei primi, fantastici minuti di 127 ore: Aron incontra due ragazze nel canyon, le fa da guida, si divertono a tuffarsi in una gola profondissima dove si nasconde un laghetto incontaminato, ma lo spettatore sa già che questa perfezione apparente è destinata ad interrompersi, anche bruscamente.
Il film di Danny Boyle procede per contrasti e analogie: da una parte la solitudine di Aron a richiamare il panorama di una natura disabitata, dall'altra la velocità delle prime sequenze in netta contrapposizione con la calma piatta dell'incubo che intaccherà il weekend da sogno di Aron. Un incubo che non tarda ad arrivare, quando il protagonista inciampa e cadendo si ritrova intrappolato in una gola profonda con la mano incastrata tra le rocce. A questo punto compare sullo schermo il titolo del film, 127 ore appunto, a voler evidenziare ancora meglio la portata dell'avventura da incubo di Aron.
E qui ha inizio il viaggio fisico e interiore che Danny Boyle fa intraprendere al protagonista, riuscendo con maestria a coprire quasi tutti i giorni di prigionia forzata del ragazzo con trovate registiche e di sceneggiatura degne di nota. Non manca l'ironia a caratterizzare ancora meglio un personaggio alle prese con la propria vita minacciata dalla fame, dalla sete, dal freddo e dal dolore. Non manca la crudezza di certe sequenze chiave nel prosieguo dell'incubo di Aron. Solo a tratti si perde un po' il filo tesissimo della storia, soprattutto durante l'immersione in alcune scene oniriche (e meno riuscite perché più artificiose) del film.
Per il resto, davvero notevole è la prova dell'attore protagonista James Franco, ottimo interprete di quel Alan Ralston realmente esistito, autore del bestseller Between a Rock and a Hard Place dove ha raccontato il suo viaggio più lungo da fortunato sopravvissuto.
Voto ***1/2
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