Thomas Craven (Mel Gibson) non ha nulla da perdere dopo la morte dell'adorata figlia Emma (Bojana Novakovic). A soli 24 anni viene uccisa davanti casa senza una apparente ragione. All'inizio tutti, media compresi, pensano a una vendetta consumata ai danni del padre, detective della omicidi al dipartimento di polizia di Boston. Ora a Thomas Craven non resta più niente di cui occuparsi, tranne che scoprire gli assassini della sua Emma. Inizia così l'indagine personale del protagonista di Fuori controllo - Edge of Darkness, ultima fatica cinematografica del regista di Casino Royale Martin Campbell.
La pellicola - basata sull'omonima serie televisiva andata in onda sulla BBC venti anni fa - sembrerebbe rientrare a pieno nel genere thriller, ma da subito si comprende che il passo lento dell'elaborazione del lutto paterno riveste un'importanza maggiore agli occhi del regista. Non a caso Fuori controllo inizia con alcuni filmini amatoriali in cui Emma è protagonista sulla spiaggia e al mare dei ricordi di un padre legato ad un passato felice e ad un presente spento e solitario.
Durante il film, diverse volte Thomas Craven sentirà e vedrà la voce e l'immagine di Emma, quasi a cercarne conforto e aiuto nel prosieguo delle indagini. La figlia lavorava come stagista alla Northmoor, azienda specializzata in ricerca privata, top secret per i suoi contratti con il governo americano. Il detective si troverà così invischiato in un mondo fatto di spionaggio industriale, collusioni governative e omicidi. Non sarà solo Emma a morire, ma anche altri personaggi - colpevoli di aver spifferato all'esterno le attività illecite della Northmoor - perderanno la vita in situazioni rocambolesche e prevedibili da lasciare (spiacevolmente) sorpresi.
Nelle sue sequenze più smaccatamente di azione, infatti, il film di Campbell risulta telefonato e ripetitivo senza scatti di originalità capaci di catturare l'attenzione dello spettatore. Tutto sembra rimanere in superficie, privo di un adeguato scavo psicologico dei personaggi, spesso costretti dalla sceneggiatura a recitare le solite frasi ad effetto. Insomma, un film senza pretese, con scatti di rabbia e qualche colpo di sonno.
La pellicola - basata sull'omonima serie televisiva andata in onda sulla BBC venti anni fa - sembrerebbe rientrare a pieno nel genere thriller, ma da subito si comprende che il passo lento dell'elaborazione del lutto paterno riveste un'importanza maggiore agli occhi del regista. Non a caso Fuori controllo inizia con alcuni filmini amatoriali in cui Emma è protagonista sulla spiaggia e al mare dei ricordi di un padre legato ad un passato felice e ad un presente spento e solitario.
Durante il film, diverse volte Thomas Craven sentirà e vedrà la voce e l'immagine di Emma, quasi a cercarne conforto e aiuto nel prosieguo delle indagini. La figlia lavorava come stagista alla Northmoor, azienda specializzata in ricerca privata, top secret per i suoi contratti con il governo americano. Il detective si troverà così invischiato in un mondo fatto di spionaggio industriale, collusioni governative e omicidi. Non sarà solo Emma a morire, ma anche altri personaggi - colpevoli di aver spifferato all'esterno le attività illecite della Northmoor - perderanno la vita in situazioni rocambolesche e prevedibili da lasciare (spiacevolmente) sorpresi.
Nelle sue sequenze più smaccatamente di azione, infatti, il film di Campbell risulta telefonato e ripetitivo senza scatti di originalità capaci di catturare l'attenzione dello spettatore. Tutto sembra rimanere in superficie, privo di un adeguato scavo psicologico dei personaggi, spesso costretti dalla sceneggiatura a recitare le solite frasi ad effetto. Insomma, un film senza pretese, con scatti di rabbia e qualche colpo di sonno.
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