martedì 13 luglio 2010

La solitudine del maratoneta, di Alan Sillitoe

di Alan Sillitoe
Solo gli stupidi leggono libri, perché hanno tanto da imparare.

E se qualcuno di voi vuol sapere come si corre, si ricordi di non avere mai fretta, e di non lasciare mai che nessuno degli altri corridori capisca che si ha fretta anche se è vero. (...) Perché, vedete, io non gareggio mai; io corro soltanto, e in qualche modo so che se dimentico la gara e mi limito a tenere un buon passo finché non so più che sto correndo, vinco sempre.

Erano anni che mangiava da solo, ma non era ancora abituato alla solitudine. Non riusciva a farci il callo, vi si era adattato solo provvisoriamente nella speranza che un giorno il suo incantesimo si sarebbe rotto.

Sono nato spacciato. Me lo ripeto in continuazione. Tutti sono spacciati, rispondo. E' vero, ribadisco, ma quasi nessuno se ne accorge come sto cominciando a fare io, ed è un peccato che io l'abbia finalmente compreso quando non ci potevo fare più niente, e quando era troppo tardi, perdio, per cavarne qualcosa di buono.

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