Da qualche giorno mi sto chiedendo cosa davvero voglia dire sentirsi un New Yorker a tutti gli effetti. Forse lo inizierò a capire una volta che mi trasferirò nell’appartamento che ho trovato sulla 149th street ad Harlem. Avere un punto d’appoggio stabile, non come l’ostello Westside Pearl che mi ha ospitato nell’Upper West Side per quattro notti, mi aiuterà di certo a conquistare quella autonomia che finora non ho avuto. Da lunedì, poi, quando finalmente inizierà lo stage a Rai Corporation (e non vedo l’ora), non potrò che immergermi a pieno ritmo in una città che di ritmo non ne perde mai, nemmeno la sera quando la gente ritorna a casa da una giornata di lavoro, magari pronta a farsi trascinare dalle tante manifestazioni open air che NYC sa offrire in estate. Di sicuro non me le lascerò sfuggire – tra concerti, rassegne cinematografiche e gite fuori porta – pronto a vivere giorno dopo giorno come un vero New Yorker, nostalgico quanto basta della sua Italia ma felice di essersene allontanato per un po’, forse per amarla meglio e di più. Come cantava Warren Zevon in Keep me in your heart: “If I leave you it doesn’t mean I love you any less”. See you dear Italy, but not yet, not yet.
domenica 25 luglio 2010
Almost like a New Yorker
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