I film corali – alla Robert Altman, per intenderci – riescono (quasi) sempre a trasmetterci quelle sensazioni di vita freneticamente vissuta che altri film non riescono a fare così semplicemente. Ma ci vuole per l’appunto un Altman di turno per sentirsi davvero soddisfatti dopo la visione di un film del genere. Ecco perché il film Parigi, sulla falsariga delle pellicole che seguono contemporaneamente le storie di più personaggi che si incontrano (e scontrano) nel corso della narrazione, non coinvolge a pieno lo spettatore per l’incapacità di fondo di caratterizzare al meglio i vari personaggi della storia. Sembrano tutti un tantino finti e studiati a tavolino, privi di quella parvenza di realtà che ci permetterebbe di condividere a pieno le loro ansie, gioie, sofferenze e speranze. Perché guardare è condividere, nel bene e nel male.
sabato 22 novembre 2008
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