
Ho appena finito
Americana di Don DeLillo, uno dei più brutti libri mai letti. Devo dire, per dovere di cronaca, di essere uno di quei lettori che pur di non lasciare a metà un romanzo o un saggio, anche se non particolarmente meritevole, decide comunque di proseguire nella lettura, nella speranza che il finale mi riservi magari qualche piacevole sorpresa. Ma questa volta non c'è stato proprio niente da fare: dalla prima all'ultima pagina pochi sono stati gli spunti di
Americana che mi hanno davvero attratto. Così, pensando alle mie ultime letture - prevalentemente romanzi di fine novecento o saggi da poco pubblicati - sono arrivato ad una decisione: da oggi in poi, per la maggior parte, dovrò cominciare a leggere tutti quei
classici che finora non ho ancora letto, troppo preso dalle più recenti novità editoriali (che non guastano mai, beninteso). Come mi è venuta questa
voglia? Mi è bastato fare un bel giro in libreria, tra gli scaffali dei
classici appunto, per capire quanto siano formative le opere di un Leopardi (
Operette morali, Zibaldone), di un Calvino (
Lezioni americane), di un Tolstoj (
Guerra e pace), di un Dostoevskij (
Delitto e castigo), di uno Sciascia (
A ciascuno il suo), di un Pavese (
Il mestiere di vivere), di un Carver (
Da dove sto chiamando). Insomma, per farla breve, ne avrò di cose da leggere nei prossimi tempi.
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