I primi minuti de Il Petroliere con Daniel Day-Lewis, per la regia di Paul Thomas Anderson, sono da antologia del cinema. Immagini dure, sullo sfondo di un arido New Mexico sul finire dell’800, dove l’unica cosa di valore sembra sgorgare dal sottosuolo (come nel caso del petrolio che farà la fortuna del protagonista). E la forza fisica con la quale Daniel Plainview cercherà quest’oro nero (resa alla perfezione da un ottimo Daniel Day-Lewis), in aggiunta alle prime sequenze quasi del tutto mute che lo ritraggono intento a scavare nelle profondità della terra, rappresentano il maggior pregio della pellicola. Una pellicola che ci narra in 158 minuti la parabola violenta e senza scrupoli di un uomo che ricavò le sue fortune dal petrolio, cercandolo fino in California, dove i suoi pozzi contribuirono allo sviluppo di una piccola comunità, molto religiosa, a Little Boston. Ecco dunque delinearsi le due visioni – una dedita alla massimizzazione del profitto, rappresentata dal petroliere, e l’altra pervasa da una profonda fede, impersonata dal pastore – che fanno de Il Petroliere una battaglia psicologica tra due caratteri tanto diversi quanto pervasi dalla stessa mania di grandezza, che li porterà insieme ad una fine ingloriosa. Un grande attore (Daniel Day-Lewis), e una grande interpretazione (a volte un po’ sopra le righe), per un film, forse un po’ troppo lungo, non altrettanto all’altezza. Un capolavoro mancato.
sabato 15 marzo 2008
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