domenica 7 febbraio 2010

Il comunismo secondo Tchaikovsky


Cosa resta del comunismo sovietico? Secondo il regista rumeno del film Il concerto, Radu Mihaileanu, la risposta soffia nella musica. Quella classica, s'intende. L'ex (celebre) direttore del Bolchoï, Andrei Filipov (interpretato da Aleksei Guskov), è da tempo che sogna di ritornare a dirigere la sua amata orchestra.

Trent'anni prima, sotto il governo di Brezhnev, fu accusato di aver tradito il popolo comunista per essersi rifiutato di allontanare alcuni musicisti di origine ebraica. Per questo la sua carriera finì bruscamente, ritrovandosi con la bacchetta (spezzata) in mano e uno spartito da appendere al chiodo. Ora Filipov è costretto a lavorare come custode in quello stesso teatro che lo vide trionfare da direttore d'orchestra.

"Alla ricerca dell'armonia perduta" potrebbe essere un ottimo sottotitolo al film del regista di Trein de Vie. Questa ricerca ha inizio quando il protagonista intercetta un fax del Théâtre du Châtelet di Parigi, che invita l'orchestra del Bolchoï a suonare nella capitale francese. Quale migliore occasione, pensa Andrei Filipov, per riprendersi la propria rivincita contro la Storia? Decide così di spacciarsi, insieme ai suoi ex orchestrali e al migliore impresario musicale russo su piazza, per la vera orchestra russa ed esibirsi così finalmente in Francia.

Come violino solista il direttore sceglie Anne-Marie Jacquet (una bella e brava Mélanie Laurent), la cui storia è segretamente legata al protagonista. Come? Senza svelare nulla di compromettente, diciamo solo che la resa dei conti si avrà durante la (lunga e complessa) sequenza finale del concerto al teatro di Parigi. Sullo sfondo della musica di Tchaikovsky, i nodi verranno tutti, nel bene e nel male, al pettine.

La pellicola sorprende per la capacità di intrattenere saltellando di registro (comico) in registro (drammatico) senza mai annoiare. Ognuno ha dentro di sé una musica prigioniera da liberare, basta solo afferrarla e donarla ai propri compagni d'orchestra e agli spettatori. Questo vuol dire ancora comunismo, ci suggerisce il regista, perché un'orchestra è un pianeta a parte dove sono le differenze a farne la forza principale. Un po' come il nostro vecchio, pazzo mondo, al di là di qualsiasi ideologia.

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