venerdì 26 febbraio 2010

A Single Man, di Tom Ford


Per George, professore universitario di origine inglese che vive in California, svegliarsi ogni mattina è una sofferenza. Almeno da quando ha perso Jim, il compagno morto in un incidente stradale con il quale ha trascorso ben sedici anni della propria vita. George (interpretato da un ottimo Colin Firth, vincitore della Coppa Volpi all’ultimo Festival di Venezia) è rimasto a vivere nella casa di vetro dove con Jim giocavano ad essere invisibili pur di consumare la loro passione. Ora il professore è solo, in attesa della morte che sente avvicinarsi giorno dopo giorno.
La vita continua tra lezioni e incontri con i vicini di casa o con l’unica amica rimasta, Charlotte (Julianne Moore). George non ce la fa più ad andare avanti: decide così di rispolverare la pistola, comprare dei proiettili e farla finita per sempre. Durante tutta la narrazione il senso della morte (e del suicidio) aleggia tra i pensieri del protagonista, ma forse la vita ha ancora qualche cartuccia in serbo per il professore, pronto a cedere finalmente alle provocazioni di un suo studente. Gli indimenticabili momenti trascorsi con Jim sembrano tornare di continuo a galla, a volte per ferirlo e a volte per spingerlo a vivere altre esperienze. George è un romantico, non si arrende a un mondo senza sentimenti, e dopo la morte dell’amato compagno sembra ancora voler credere fermamente nell’amore; ma l’ombra della fine è sempre in agguato, soprattutto quando meno te lo aspetti.
Una pellicola, questa diretta dallo stilista Tom Ford, ricca di suggestioni visive capaci allo stesso tempo di ammaliare lo sguardo dello spettatore e di risultare fini a sé stesse. La ricerca di un proprio stile riconoscibile – come nella scelta di usare colori diversi tra il presente e il passato di George – è meritorio, ma anche un po’ riduttivo per un film che ci sembra solo un riuscito esercizio di stile. Niente di più.

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