domenica 7 febbraio 2010

La bellezza e l'inferno secondo Steve McCurry

«La maggior parte di quello che ho cercato e fatto nella vita è stato vagabondare e osservare il mondo. Cosa c’è di più meraviglioso?». Parola di Steve McCurry, fotografo statunitense premiato due volte con il World Press Photo Awards. La sua mostra Sud-est, prorogata fino al prossimo 28 febbraio al Palazzo della Ragione di Milano, raccoglie circa 200 scatti organizzati in sei differenti sezioni: L’altro, Il silenzio e il viaggio, Guerra, Gioia, Infanzia, Bellezza. Il viaggio, nella poetica di McCurry, viene prima della fotografia, quando si visita un paese nuovo a passo lento: «In questo modo – evidenzia il fotografo – impercettibilmente la vita ci penetra sotto la pelle, ed è come bere da un bicchiere sempre colmo».

Nella sezione L’altro sono esposti i ritratti che McCurry ha “rubato” in giro per il mondo, dall’Afghanistan al Tibet fino all’India. Secondo il fotografo Philippe Halsman, «un vero ritratto dovrebbe testimoniare, sia oggi che tra cento anni, l’aspetto di una persona, ma anche il tipo di umanità che porta con sé». È proprio l’umanità dei soggetti fotografati a colpire l’immaginario di Steve McCurry, perché «osservare un viso è come guardare dentro un pozzo, sul fondo si compone un riflesso, ed è l’anima che si lascia intravedere».

Nella sezione Guerra, invece, sono le conseguenze dei conflitti ad emergere dalle foto di McCurry. Di ritorno da un viaggio in Tibet il 10 settembre 2001, il fotografo assiste il giorno dopo, dalla finestra del suo studio di New York, alla distruzione delle Torri Gemelle. Il passaggio dal silenzio del viaggio alla guerra scoppiata in casa trova la giusta armonia negli scatti della tragedia americana. Sui paesaggi della prima guerra del golfo in Kuwait, McCurry scrive: «Seicento pozzi di petrolio in fiamme, il cielo nero e denso più della notte, animali agonizzanti, corpi carbonizzati: questo è l’inferno».

Nella mostra Sud-Est, che testimonia dei viaggi intrapresi da Steve McCurry nel Sud e nell’Est del mondo, c’è anche spazio per la Gioia e la Bellezza. Dagli scenari di guerra si passa a scene di vita quotidiana all’insegna della felicità capace di distendere gli animi del mondo. «Dietro ad ogni immagine c’è una storia, ed è la storia che voglio incorniciare», ammette l’autore. Di qui il passo verso la Bellezza è breve, con il celebre scatto della bambina afgana dagli occhi verdi. Una bellezza che sembra essere l’ultima risorsa contro il dilagare dell’inferno in terra. Come diceva Albert Camus, «l'inferno ha un tempo solo, la vita un giorno ricomincia».

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