Il nuovo film di Abdel Kechice, “Cous Cous”, non è dei più corti, anzi. Dura la bellezza di 151 minuti, ma li vale dall’inizio alla fine proprio tutti. Per chi non avesse visto la precedente pellicola – “La schivata” - del regista tunisino, “Cous Cous” sarà una gustosa rivelazione. Ispirandosi alla figura di suo padre, che avrebbe dovuto anche interpretare il ruolo del protagonista se non fosse morto prima delle riprese, Kechice ci racconta la storia di Slimane, un arabo sessantenne immigrato nella cittadina francese di Sète, vicino Marsiglia, dove lavora (con scarsi risultati, vista l’età) nel cantiere navale del porto. Di lì a poco, l’anziano operaio, vedendosi ridurre le ore lavorative, deciderà di licenziarsi per cominciare a sognare ad occhi aperti (ma non troppo) nella speranza di realizzare, con i soldi della liquidazione, un progetto molto particolare. Aprire un ristorante su una vecchia barca in demolizione, per offrire ai futuri clienti la specialità che tanto bene sa cucinare l’ex moglie, e madre dei suoi numerosi figli: il cuscus, naturalmente. Come andrà a finire l’impresa del vecchio maghrebino, sostenuto in questa avventura da un’adorabile ragazza, figlia della sua nuova compagna, interpretata magistralmente da un’affascinante Hafsia Herzi? Ecco un motivo, dunque, per non lasciarsi sfuggire al cinema questo autentico capolavoro di Abdel Kechice, impreziosito da sequenze capaci di immortalare su pellicola l’essenza della vita, fatta di sogni, speranze e delusioni. E una narrazione che si evolve in un crescendo di azioni, dialoghi e tensioni familiari che ci fanno sentire parte integrante della grande famiglia di Slimane. Con un finale memorabile, e non solo per l’indimenticabile danza del ventre della bella e brava Hafsa Herzi.
venerdì 22 febbraio 2008
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