giovedì 7 febbraio 2008

I now walk INTO THE WILD...

Il nuovo film di Sean Penn, “Into the Wild – Nelle terre selvagge”, è tratto da una storia vera. La storia di Christopher McCandless, giovane americano fresco di laurea, che decise di dare una svolta alla sua vita per intraprendere (in auto ma per gran parte anche a piedi) un viaggio strepitoso attraverso gli Stati Uniti d’America. Destinazione finale: Alaska. “Into the Wild” appunto, “Nelle terre estreme”, com’è stato poi tradotto in italiano il bel libro di Jon Krakauer, cui Sean Penn si è ispirato per girare la sua intensa pellicola. Intensa perché mette a nudo, con l’ausilio della macchina da presa pronta a riprendere le bellezze naturali made in Usa, e soprattutto grazie alla struggente interpretazione di Emile Hirsch (nel ruolo del protagonista), il senso profondo (e a tratti inafferrabile) del viaggio intrapreso da Alex Supertramp (così, Chris McCandless, si fece chiamare lungo i due anni di pellegrinaggio tra il 1990 e il 1992). Un viaggio costellato di incontri con personaggi di ogni tipo, che nel bene e nel male arricchirono il bagaglio di esperienze del giovane Alex, alla ricerca forse di una sfida che potesse per un po’ allontanarlo dall’insensata società dei consumi di cui non si sentiva più parte integrante, per approdare nelle estreme terre selvagge dell’Alaska più impervia. E il film inizia proprio mostrandoci l’arrivo di Chris in questi posti quasi dimenticati da Dio, dove poter entrare in contatto con la natura vivendo a pieno la propria esistenza. E Chris ci riuscì per più di 100 giorni, tra non poche difficoltà come quella di doversi cacciare del cibo, nella speranza magari di ritrovare l’essenza profonda del suo essere. Riuscì a trovarla lassù in Alaska? E a quale prezzo? Questi sono gli interrogativi che ci poniamo dopo aver assistito a “Into the Wild – Nelle terre selvagge”, film con ambientazioni mozzafiato e con salti temporali che ci mostrano, intersecate tra loro, le diverse tappe dell’avventura on the road di Christopher McCandless. Splendide anche le musiche di Eddie Vedder e la scelta di sovrapporre alle immagini le parole scritte da Chris in alcune lettere inviate agli amici incontrati lungo la strada. Straziante e utopico, come pochi altri film sanno ancora essere.

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