domenica 21 settembre 2008

Thirteen Days

Avrei voluto che durante gli anni scolastici i professori di storia mi avessero fatto vedere più film per meglio comprenderla, la storia. Non tanto per capire i perchè di tante guerre che, in ogni periodo storico, non sembrano mai mancare, ma in particolar modo per cercare di condividere quegli stati d'animo che i testimoni del tempo vissero sulla propria pelle. Un film non deve per forza propagandare una verità storica, questo spetta agli studiosi, ma può invece rappresentare attraverso dei personaggi e le loro storie intrecciate alla storia, quel sentire comune che aiuta noi spettatori, a distanza di decenni o secoli dall'evento narrato, a carpire l'importanza, appunto, storica di un momento del passato che, nel bene o nel male, ha influenzato anche le nostre vite. Ho rivisto Thirteen Days, sui fatidici tredici giorni che portarono, nel lontano ottobre 1962, gli Stati Uniti d'America di John (e Bobby) Kennedy vicinissimi alla terza guerra mondiale contro l'Unione Sovietica di Kruscev, e ho pensato a quanto sia facile fare una guerra, e quanto sia difficile evitarla quando tutto e tutti ti remano contro. Anche se il film non è perfetto - un po' troppo lungo (ben 145 minuti), con una tensione narrativa che a tratti va scemando, dopo una prima parte abbastanza incalzante, e con una visione storica non poco romanzata - l'occasione di rivedere su schermo l'azzardo diplomatico dei fratelli Kennedy è ghiotta. Disse una volta Bobby Kennedy ritornando indietro a quei tredici giorni: "La lezione finale che dobbiamo trarre dalla crisi cubana dei missili è la seguente: è indispensabile sapersi mettere nei panni dell'avversario". Chi ha ancora oggi il coraggio di farlo, e non solo in politica?


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