mercoledì 16 settembre 2009

La "guerra" di Barack Obama

Altro che riforma sanitaria. Per Barack Obama «il primo pensiero quando si sveglia, e l’ultimo prima di addormentarsi» resta quello della guerra al terrorismo in Afghanistan. Il presidente americano lo ha dichiarato in un’intervista al New York Times, nella quale ha ribadito con forza che «l’Afghanistan non è il Vietnam». «Bisogna trarre lezioni dalla storia. Ogni momento è diverso, non si entra mai nello stesso fiume due volte», ha proseguito Obama, cercando così di allontanare la stessa minaccia che, nella seconda metà degli anni Sessanta, indebolì l’allora presidente Lyndon Johnson.

Intanto la situazione sul campo afgano resta critica. Come ha ammesso il segretario della Difesa, Robert Gates, «il tempo gioca a sfavore» contro i soldati americani impegnati in guerra: nel solo mese di agosto ne sono morti 48, già 28 invece nelle prime due settimane di settembre. Nel dibattito è intervenuto anche il capo di stato maggiore, l’ammiraglio Mike Mullen, secondo il quale «le operazioni militari contro i ribelli richiedono probabilmente più truppe per essere efficaci». Spetterà ora al Congresso decidere per un ulteriore aumento del contingente sul campo. Al momento in Afganistan sono impegnati 62 mila militari Usa, che a fine anno saliranno a 68 mila.

Resta urgente, però, come ha ribadito il generale Stanley McChrystal, comandante della forza di assistenza alla sicurezza a guida Nato Isaf, un rapido cambio di strategia. Cresce intanto negli Stati Uniti lo sfavore dell’opinione pubblica: secondo un sondaggio della CNN, infatti, solo il 39% degli americani è favorevole alla guerra in Afghanistan. Altro che riforma sanitaria.

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