venerdì 18 settembre 2009

Storie di vita (e morte) a Kabul

L’Afghanistan come l’Iraq. Kabul come Baghdad. Nel novembre 2003, a Nassiriya, morirono 19 italiani (tra carabinieri, militari e civili). Oggi, settembre 2009, in una capitale afghana sempre più in balia della violenza terrorista, altri nostri soldati – sei in tutto – hanno perso la vita in seguito ad un attentato kamikaze in pieno centro a Kabul. Centocinquanta chilogrammi di esplosivo hanno spento, per sempre, i sogni e le ambizioni di Davide Ricchiuto, Antonio Fortunato, Matteo Mureddu, Roberto Valente, Giandomenico Pistonami e Massimiliano Randino. Tutti appartenenti al 186esimo Reggimento Paracadutisti Folgore di stanza a Siena, tutti accomunati dallo stesso, inevitabile destino di morte.

Davide Ricchiuto, primo caporalmaggiore nato in Svizzera nel 1983, viveva insieme alla famiglia a Tiggiano, nel Salento. Da poco tornato da una vacanza a Dubai, per il 26enne sarebbe stata la terza esperienza all’estero dopo il Kosovo e il Libano. «Doveva essere la sua ultima missione, aveva deciso di tornare qui per restare», ha detto il sindaco del suo paese. Agli amici di una vita, Davide ripeteva sempre: «Se devo morire, voglio farlo da eroe».

Antonio Fortunato, invece, 35enne originario di Lagonegro (Potenza), si trovava in Afghanistan da quattro mesi. Era lui, ieri mattina, al comando del plotone a bordo del primo Lince distrutto dall’autobomba. A dicembre avrebbe festeggiato dieci anni di matrimonio insieme alla moglie, con la quale viveva nel Senese.

Il sogno di Matteo Mureddu, 26 anni di Solarussa (Oristano), era di sposarsi al più presto con la sua Alessandra. Avevano già deciso di convolare a nozze lo scorso giugno, ma per l’improvviso impegno di Matteo in Afghanistan tutto fu rimandato al 2010. Alla mamma preoccupata ripeteva: «Tranquilla, so quel che faccio, sarò prudente. E poi è una missione di pace». Di missioni all’estero ne aveva già fatte due, una in Libano e l’altra nella ex Jugoslavia.

Roberto Valente, invece, 37enne originario di Napoli, a Fuorigrotta, era appena tornato a Kabul dall’Italia, dove aveva trascorso due settimane di licenza con la famiglia. Per lui era già iniziato il conto alla rovescia, perché a fine novembre sarebbe tornato a casa definitivamente. Niente più missioni all’estero – dopo la Bosnia, l’Albania e l’Iraq – e forse un lavoro al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Valente lascia una moglie e un figlio di due anni.

Anche Giandomenico Pistonami, 28 anni di Lubriano (Viterbo), aveva un sogno nel cassetto: sposarsi con la sua amata Zueca. Mancavano solo quaranta giorni prima che tornasse in Italia da Kabul, dove era di stanza dal maggio scorso. Al suo ritorno avrebbe comunicato alla fidanzata la data del loro matrimonio.

Massimiliano Randino, invece, 32 anni originario di Pagani (Salerno), ma da cinque anni in Toscana, era un grande appassionato di calcio, atletica e persino di recitazione (faceva parte di una compagnia teatrale). Lascia la moglie Pasqualina, 30 anni, baciata l’ultima volta poco tempo fa: Massimiliano, infatti, era appena tornato da dodici giorni di licenza.

Addio Davide, Antonio, Matteo, Roberto, Giandomenico, Massimiliano. E buon viaggio.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie