"If I can make it there, I'll make it anywhere", cantava Frank Sinatra in New York, New York. Enrico Franceschini ce l'ha fatta sia nella Grande Mela che nel resto del mondo, da corrispondente del quotidiano la Repubblica prima negli Stati Uniti e poi anche a Mosca, Gerusalemme e Londra. Il suo american dream alla fine si è avverato, dopo aver deciso coraggiosamente di partire nel 1980, da solo, alla volta del continente americano. Sogno nel cassetto: fare il giornalista, più precisamente il corrispondente dall'estero. «Dovevo continuare a sognare, come avevo sempre fatto. Se avessi continuato, forse qualcosa sarebbe accaduto», scrive Franceschini nel suo ultimo libro Voglio l'America edito da Feltrinelli, e «quando l'aereo atterrò non ebbi dubbi di essere arrivato alla meta sospirata: dentro un film, un film americano».
All'inizio, grazie alla disponibilità di due suoi amici, il giovane (appena 24 anni) ragazzo bolognese sbarcato a New York, incapace di spiccicare due parole in lingua inglese, riesce così a trovare una sistemazione temporanea. «Per quanto Nick non mi fosse particolarmente simpatico e di Larry sapessi molto poco», ricorda Franceschini, «mi avevano offerto entrambi ospitalità senza pensarci due volte: uno in casa dei genitori, l'altro dell'ex fidanzata, d'accordo, ma non ero sicuro che degli italiani avrebbero fatto altrettanto». I primi tempi sono difficili, però, tra solitudine, mancanza di soldi e pessimo cibo da mangiare (sempre lo stesso: uova fritte e zuppa in scatola). Per il giovane aspirante giornalista «non c'era più New York, non c'erano amici, donne, passatempi: ogni tanto salivo sul tetto, guardavo giù, verso downtown, verso il grappolo di grattacieli di Manhattan, come per avere la conferma che ero davvero lì e non da un'altra parte. Poi tornavo a battere sui tasti, nella mia officina della parole, da cui dipendeva, secondo me, la mia sorte». Citando lo scrittore Henry Miller in Tropico del Cancro, a proposito dei suoi anni di povertà vissuti a Parigi: «C'erano milioni di persone intorno a me, ma ero completamente solo».
Ben presto, complice anche la fortuna oltre alla sua audacia, Franceschini ottiene un impiego per un'agenzia di stampa romana che gli permetterà di scrivere pezzi per giornali locali italiani in cerca di corrispondenze dagli Stati Uniti. Così, articolo dopo articolo, conoscenza dopo conoscenza, il giovane reporter italiano riesce a entrare nelle stanze de L'espresso, per il quale inizierà a scrivere i primi importanti articoli della sua carriera. E insieme ai successi professionali arriva anche l'amore, l'incontro con una ragazza italo-americana, Angie, grazie alla quale la solitudine non sarà più un problema. Il sogno di quel giovane ragazzo bolognese diventa così realtà, ma il momento del ritorno in Italia, dopo un anno vissuto a New York, lo costringerà a chiedersi cosa fare in futuro, e soprattutto dove. A casa, nel suo paese di origine? «Dove sarebbe casa?», si chiede in conclusione Enrico Franceschini, se «sono trent'anni che cerco di capirlo e non sono ancora sicuro della risposta».
Un'autobiografia del cuore, questa scritta dal giornalista di Repubblica, consigliata a coloro che hanno già realizzato i sogni di una vita, ma soprattutto ai giovani che stanno ancora lottando per realizzare i loro. Basta crederci, e volere fino in fondo la propria America.
Titolo: Voglio l'America
Autore: Enrico Franceschini
Editore: Feltrinelli
Anno: 2009
All'inizio, grazie alla disponibilità di due suoi amici, il giovane (appena 24 anni) ragazzo bolognese sbarcato a New York, incapace di spiccicare due parole in lingua inglese, riesce così a trovare una sistemazione temporanea. «Per quanto Nick non mi fosse particolarmente simpatico e di Larry sapessi molto poco», ricorda Franceschini, «mi avevano offerto entrambi ospitalità senza pensarci due volte: uno in casa dei genitori, l'altro dell'ex fidanzata, d'accordo, ma non ero sicuro che degli italiani avrebbero fatto altrettanto». I primi tempi sono difficili, però, tra solitudine, mancanza di soldi e pessimo cibo da mangiare (sempre lo stesso: uova fritte e zuppa in scatola). Per il giovane aspirante giornalista «non c'era più New York, non c'erano amici, donne, passatempi: ogni tanto salivo sul tetto, guardavo giù, verso downtown, verso il grappolo di grattacieli di Manhattan, come per avere la conferma che ero davvero lì e non da un'altra parte. Poi tornavo a battere sui tasti, nella mia officina della parole, da cui dipendeva, secondo me, la mia sorte». Citando lo scrittore Henry Miller in Tropico del Cancro, a proposito dei suoi anni di povertà vissuti a Parigi: «C'erano milioni di persone intorno a me, ma ero completamente solo».
Ben presto, complice anche la fortuna oltre alla sua audacia, Franceschini ottiene un impiego per un'agenzia di stampa romana che gli permetterà di scrivere pezzi per giornali locali italiani in cerca di corrispondenze dagli Stati Uniti. Così, articolo dopo articolo, conoscenza dopo conoscenza, il giovane reporter italiano riesce a entrare nelle stanze de L'espresso, per il quale inizierà a scrivere i primi importanti articoli della sua carriera. E insieme ai successi professionali arriva anche l'amore, l'incontro con una ragazza italo-americana, Angie, grazie alla quale la solitudine non sarà più un problema. Il sogno di quel giovane ragazzo bolognese diventa così realtà, ma il momento del ritorno in Italia, dopo un anno vissuto a New York, lo costringerà a chiedersi cosa fare in futuro, e soprattutto dove. A casa, nel suo paese di origine? «Dove sarebbe casa?», si chiede in conclusione Enrico Franceschini, se «sono trent'anni che cerco di capirlo e non sono ancora sicuro della risposta».
Un'autobiografia del cuore, questa scritta dal giornalista di Repubblica, consigliata a coloro che hanno già realizzato i sogni di una vita, ma soprattutto ai giovani che stanno ancora lottando per realizzare i loro. Basta crederci, e volere fino in fondo la propria America.
Titolo: Voglio l'America
Autore: Enrico Franceschini
Editore: Feltrinelli
Anno: 2009
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